500 euro al mese per 15 ore al giorno, lo scandalo dello studio di David Chipperfield a Milano è solo la punta dell’iceberg
Forse il vaso di Pandora si sta scoperchiando. Forse oggi ci si inizia ad accorgere della disumana e sicuramente illegale situazione lavorativa in cui da anni versano migliaia di giovani architetti e ingegneri in tutta Italia. Dopo lo scandalo dello studio di architettura di Andrea Caputo, la pagina Instagram Riordine degli Architetti segnala un altro importante caso di sfruttamento lavorativo nel nostro settore. Protagonista questa volta un nome molto importante della scena mondiale, lo studio di architettura di David Chipperfield, in particolare la sede di Milano.
I collaboratori, per lo più giovani under 30 assunti con finto contratto a P.IVA, sono costretti a turni di lavoro massacrati che arrivano anche a 15 ore consecutive. Timbrare l’uscita alle 5 di notte è la normalità. Il premio è un giorno di riposo da poter scontare. La paga mensile è la solita misera retribuzione di 500 euro lordi. Diversi collaboratori hanno denunciato in anonimato il tutto, ma ora è arrivato il momento di dire basta e portare alla luce questa situazione di sfruttamento che da anni imperversa nel settore.
David Chipperfield a Milano, i turni di lavoro insostenibili da 15 ore
Nello studio di David Chipperfield sembra abbiano luogo alcune delle pratiche malsane più diffuse della professione, contornate da condizioni al limite del disumano. Alcune di queste pratiche, è bene essere chiari, sono assolutamente illegali e man mano spiegheremo perché. Le immagini dei turni di ingresso e uscita non lasciano scampo a interpretazioni. Si entra e si esce a qualunque orario anche a notte fonda, questo per rispettare una delle regole principali dello studio, come testimonia un ex collaboratore anonimo a Mashable. “Se lavori per 18 ore di fila hai diritto a un giorno di recupero, che poi è il giorno dopo perché hai bisogno di dormire. 18 ore che devono essere precise, perché non vale se esci alle 3.30 invece che alle 4 di notte, e a quel punto non ti viene concesso il giorno di riposo“.
Ecco che quindi non ci si meraviglia di leggere orari di lavoro disumani: c’è chi timbrato alle 10.00 per uscire alle 5 di notte. E questa è la prima enorme pratica illegale: i collaboratori a P.IVA non sono assolutamente dei lavoratori dipendenti. E quindi non dovrebbero esistere orari di lavoro dettati dal datore di lavoro. I turni di lavoro insostenibili non finiscono qui, perché gli straordinari vengono pagati al 50% e “il sabato e la domenica invece che essere pagati di più vengono compensati da un giorno di riposo”.
Lo stipendio? 500 euro lordi a P.IVA
Tutto questo lavoro viene retribuito con una misera e disumana paga di 500 euro lordi. Che con contratto a P.IVA, grazie all’assurda tassazione dello stato, significa uno stipendio netto di poche centinaia di euro al mese. Una paga assolutamente al di sotto dello standard di vita moderno, specialmente milanese, e non in linea con il minimo salariale esistente per legge (non esistente per le P.IVA ovviamente).
L’ex collaboratore continua: “Ogni giorno alle 19 o alle 20 di sera non sai mai se uscirai a breve o se farai nottata. Fin dal martedì devi chiedere se non puoi lavorare nel weekend e se proponi di essere spostato nella sede di Berlino o in quella di Londra ti screditano perché non vogliono che te ne vai”.
Disorganizzazione e carico di lavoro insostenibile
Ai disagi visti fin qui si aggiungono altre problematiche ben note all’interno degli studi di ingegneria e architettura: la perenne disorganizzazione. La prassi comune, soprattutto nei grandi studi, è quella di basarsi sulla quantità piuttosto che sulla qualità, con progetti chiusi in poco tempo a ritmi forsennati per poi passare ad altro. E molto spesso il lavoro così fatto pecca di qualità e diventa inutile, come confermato sempre dall’ex collaboratore. “Invece che concentrarsi su pochi progetti per realizzarne uno definitivo, lo studio tende a dare il compito ai collaboratori di disegnare anche più di 40 bozze in totale. Manca un’organizzazione, vanno a tentativi. Non tutti i progetti in bozza infatti vengono poi visionati (realizzati anche fino a tarda notte).Alla fine viene scelto il primo o il secondo presentato. Si lavora tanto e come e quando lo decide lo studio“.
Lo studio di David Chipperfield e la gestione del primo lockdown
Emblema perfetto per raccontare questa assurda vicenda è la gestione del lockdown da parte dello studio di David Chipperfield, come testimoniato da una lettera inviata dal capo dell’ufficio di Milano ai suoi collaboratori. A marzo 2020, nel pieno del primo lockdown, con la Lombardia primo focolaio di Covid in Europa, il capo ha ben pensato di minacciare i collaboratori alla sospensione dell’incarico qualora avessero continuato a lavorare in smart working. Prassi che secondo lo studio è da ritenersi non applicabile nemmeno in una situazione di emergenza sanitaria, perché il lavoro di progettazione ha delle caratteristiche così particolari che non è possibile aprioristicamente generalizzarlo.
Così particolari è vero, ma non tanto particolari da calpestare le tutele dei propri dipendenti fino a metterli in pericolo in una situazione allora sconosciuta. Ma questo nello studio di David Chipperfield non sembra essere un problema, così come non sembra esserlo negli studi e nelle società dove girano grandi e prestigiosi progetti e dove il profitto e il risultato viene prima di ogni cosa. Viene prima di una paga dignitosa, viene prima del benessere psico-fisico dei collaboratori, prima di un ambiente di lavoro inclusivo, corretto e equilibrato, prima della sicurezza sanitaria. In questo settore il profitto viene prima dei diritti. Ed è normale che sia così perché questi collaboratori, con questi termini lavorativi, di diritti ne hanno ben pochi.
La P.IVA con questi termini è illegale
Lo studio di David Chipperfield non è il primo e non sarà di certo l’ultimo ad aver creato un ambiente di lavoro di questo tipo. E tutti lo sanno, davvero tutti, che nel settore la prassi lavorativa è di base questa. Soprattutto negli studi più importanti. Tutti sanno che la collaborazione a P.IVA per come viene proposta è semplicemente illegale. Perché viene spacciato un lavoro dipendete come se fosse un lavoro autonomo, quando invece non è così. Tutti i collaboratori hanno orari di lavoro fissi come i dipendenti quando per legge non ne dovrebbero avere. Hanno quasi sempre (soprattutto inizialmente) un solo datore di lavoro quando non dovrebbe essere così.
Assumere un dipendente con Partita IVA non è consentito dalla legge, un lavoratore autonomo non può essere subordinato. I lavoratori hanno pochi diritti perché sono assunti con un contratto che non gliene fornisce alcuno. Se non espressamente concordato con il datore di lavoro, di regola non si ha diritto a ferie, tredicesima, quattordicesima, malattia. La collaborazione a P.IVA è lo strumento con cui tutti i capi d’azienda si approfittano dei giovani collaboratori, volenterosi di fare esperienza, scaricando su di loro tutti i contributi che altrimenti sarebbero costretti a versare. Il risultato è che un giovane, pur di lavorare, accetta un contratto illegale con una paga che non basterebbe neanche a pagare un affitto.
È il momento di dire basta
Da anni gli studi di architettura e di ingegneria si approfittano di questo strumento per assumere giovani professionisti, che sono costretti ad accettare questo tipo di offerta semplicemente perché rappresenta la prassi. E’ praticamente impossibile trovare offerte di lavoro che non comprendano la collaborazione a P.IVA. I giovani professionisti quindi non solo si trovano costretti ad accettare questa pratica illegale, ma pur di iniziare a far carriera e scrivere qualcosa sul CV accettano condizioni di lavoro disumane per mesi fino poi a mollare, per esasperazione sia fisica ma soprattutto mentale.
Ma gli studi che portano avanti questa prassi (e sono davvero tanti) non hanno problemi, perché in poco tempo troveranno nuovi collaboratori che per un tempo determinato saranno disposti a tutto. E inizia così il ricambio infinito di collaboratori che solamente una regolamentazione adatta può fermare. Un giovane non è una risorsa da spremere e da sfruttare, è un cavallo su cui puntare e investire. E’ una risorsa per la società molto di più di quanto si possa credere. E’ il momento che lo stato intervenga per fermare questo modus operandi illegale, fatto di sfruttamento, di mobbing fisico e psicologico e che ogni giorno calpesta il diritto di migliaia di collaboratori. Molte di queste storie inizieranno ad uscire allo scoperto con più regolarità e noi di BuildingCuE saremo in prima linea per raccontarle.