L’Italia crolla a pezzi
Quante possono essere le probabilità che ci cada un ponte addosso mentre stiamo viaggiando in autostrada, magari mentre stiamo andando in vacanza, o tornando a casa dalla nostra famiglia? Istintivamente ci verrebbe da dire molto basse, e abbiamo pienamente ragione. Ma è giusto che questo ci porti a dire che, se per qualche assurdo motivo dovesse accadere, sarebbe un evento davvero sfortunato? Nella rarissima ipotesi che accadesse sì, sarebbe davvero una gran sfortuna, ma non questa volta; questa volta la colpa non è del destino o di altro, la colpa è di uno Stato assente.
Alle 13.30 del 9 Marzo 2017 questa fatalità è accaduta. Un ponte è crollato sull’Autostrada A14 nelle Marche, tra Loreto e Ancora Sud, spezzando la vita di due persone e ferendone altre due. Un normale cavalcavia di quelli che ne attraversiamo centinaia ogni anno, di quelli che mai penseremmo possano venir giù tanto facilmente mentre lo stiamo attraversando. Ma questa volta è successo, e non si tratta di sfortuna, perché i ponti non crollano, o meglio non dovrebbero.
Autostrade per l’Italia spiega che il ponte crollato sull’A14 era una struttura provvisoria posizionata a sostegno del cavalcavia, che era chiuso al traffico per lavori di manutenzione. Il cavalcavia ha ceduto su entrambe le estremità, estremità sulle quali i lavori erano stati affidati a due ditte diverse, e già questo suona abbastanza strano. Ma questo è solo l’ultimo evento di un’Italia ormai paralizzata dal punto di vista delle infrastrutture.
Ad Ottobre era crollato un altro cavalcavia in Brianza, provocando la morte di una persona, la cui storia simboleggia perfettamente le difficoltà burocratiche di un paese spaesato: il ponte era stato più volte oggetto di chiamate da parte della sorveglianza dell’Anas per la caduta di alcuni calcinacci, e la Provincia di Lecco aveva giustamente chiesto un’ordinanza formale per la chiusura della strada. Ma nel frattempo che la burocrazia procedeva con la sua lentezza, nessun ispettore si apprestava a diagnosticare la gravità dei problemi e il ponte crollava sotto il peso di un camion con trasporto eccezionale.
Ma la nostra penisola è piena di altri esempi. Paesini di provincia isolati per frane o altri dissesti, con strade pericolanti o interrotte sulle quali nessuno sa niente, con il comune che incolpa la provincia, la provincia che incolpa lo Stato e con lo Stato che non interviene, in un rimbalzo infinito di responsabilità che quando conta non è mai di nessuno, ma a farne le spese sono sempre i cittadini, che magari per andare a fare la spesa devono fare 20 km in più.
Ma alla fine, di che cosa stiamo parlando? Siamo il Paese in cui non si riesce a costruire un ponte essenziale di nemmeno 4 km che ci renderebbe fruibile la Sicilia in soli 10 minuti di macchina, mentre dall’altra parte del mondo continuano ad infrangere record su record costruendo infrastrutture fantascientifiche. Si potrebbe parlare di tutti i problemi possibili riguardanti il Ponte sullo Stretto, da quelli sismici a quelli ambientali, ma gli ingegneri italiani di certo in quanto a bravura non hanno niente da invidiare al resto del mondo, anzi.
Siamo il Paese in cui la prima Autostrada del Mezzogiorno è stata ultimata qualche mese fa, dopo appena 42 anni di lavori. E il bello è che la Salerno-Reggio Calabria, o Autostrada A-3, non è davvero finita, ci sono ancora molti lavori di completamento e manutenzione da effettuare.
Ma allora, a fronte di tutti questi problemi che attanagliano le nostre infrastrutture, siamo davvero sicuri di poterci definire un Paese sviluppato, moderno, del così detto “Primo Mondo”? Le teorie della mobilità ci danno un messaggio semplice e fondamentale su questo punto: il benessere di una società si vede dal livello delle sue infrastrutture. Non si sfugge, è così. Lo sviluppo di una società non è solo crescita economica, ma un mix equilibrato di libertà, qualità della vita e crescita economica. Lo sviluppo, se accompagnato da un buon contesto socio politico e da un buon PIL, porta al benessere di una società, e il benessere porta a costruire sempre migliori infrastrutture. Pensateci, è proprio così, riuscite ad individuare un paese dalle sue infrastrutture: Giappone, Danimarca, Scandinavia, Stati Uniti sono tutti paesi caratterizzati da un livello nei trasporti eccezionale.
E allora l’Italia, in cui la crescita economica latita da anni, la qualità della vita si sta abbassando, il PIL cresce di pochissimo, la libertà in ogni sua forma è ormai messa alle strette, le infrastrutture crollano, può mai essere considerata al pari dei Paesi sopra citati? Pensate a quante strade sterrate, non illuminate, degradate, pericolose, intasate dal traffico avete percorso e pensate che di quel tipo di strade ce ne sono di più nei Paesi del Terzo Mondo, che in quelle del Primo.
E allora forse dobbiamo definirci più un Paese del Terzo Mondo che del Primo, perché lì i ponti non crollano facilmente.