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Atlantide NON È in mare | L’hanno scoperta nel deserto: una città misteriosa che profuma di incenso

città di atlantide

Atlantide NON È in mare! (pixabay.com) - www.buildingcue.it

Quando il mito si adagia sulla sabbia, ciò che rimane è una verità sepolta che attende di essere rivelata.

A volte il tempo decide di preservare anziché cancellare, e quello che era leggenda riaffiora, non con il fragore delle onde, ma con il silenzio delle dune.

Certi luoghi sfuggono all’oblio, restando sospesi tra racconti e vissuti. Alcuni nomi scompaiono dalle mappe, ma non dall’immaginario collettivo.

Altri vengono sussurrati, come se pronunciarli ad alta voce potesse infrangere un incantesimo. E già con queste parole si può assaporare la magia…

Esiste un momento per ogni cosa, anche per quelle città che sembravano svanite per sempre. Scopriamo insieme questo gioiello ancestrale.

La città perduta ma custodita

Conosciuta come Ubar, ma anche come Iram dei Pilastri, questa antica città della Penisola Arabica è stata avvolta nel mistero per secoli. Secondo Geopop, i testi religiosi, in particolare il Corano, la menzionano come un luogo opulento situato nel temibile Rubʿ al-Khālī, il “Quarto Vuoto”, uno dei deserti più inospitali del pianeta. Secondo leggende locali e antiche fonti arabe, Ubar costituiva un fondamentale crocevia della Via dell’Incenso, la rotta che collegava il sud della Penisola con le grande civiltà di Egitto, Mesopotamia e India. Le carovane vi si fermavano, cariche di resine aromatiche, spezie, tessuti.

Ubar era un centro ricco, culturalmente vibrante e strategicamente cruciale. Ma a un certo punto, semplicemente, scomparve. Nessuno seppe più dove trovarla. Così, come per Atlantide, si cominciò a pensare che non fosse mai esistita davvero. A contribuire al mito fu addirittura T. E. Lawrence, il celebre Lawrence d’Arabia, che la definì “l’Atlantide del Deserto” (ci verrebbe, in questo senso, da ricordare il bellissimo film “Atlantis” della Disney).

cava di ubar in arabia
La città perduta ma custodita (commons.wikimedia.org/Armatus1995) – www.buildingcue.it

Dalla leggenda alla sabbia

Il destino di Ubar cambiò nel 1992, quando un’équipe internazionale guidata dall’archeologo Juris Zarins e supportata dall’esploratore britannico Sir Ranulph Fiennes, attraverso immagini satellitari della NASA, identificò antiche vie carovaniere che convergevano in un punto specifico dell’Oman sudoccidentale, presso Shisr. Gli scavi, condotti in condizioni estreme, riportarono alla luce una cittadella fortificata, ricca di pozzi, magazzini e resti di strade.

Come riportato da Geopop, le scoperte, documentate da Nicholas Clapp in “The Road to Ubar” e successivamente riportate in “Atlantis of the Sands” dallo stesso Fiennes, rivelarono che la città sorgeva su una rete di caverne calcaree contenenti acqua. Tuttavia, proprio quel prezioso tesoro, sfruttato per la sopravvivenza, causò il collasso del terreno e la scomparsa di Ubar sotto le sabbie. In conclusione, il ritrovamento di Ubar ha spinto gli studiosi a riconsiderare la complessità della cultura araba pre-islamica. Ulteriori fonti rispettabili come Lonely Planet e La Stampa attestano che Ubar rappresenta una chiara testimonianza della ricchezza e della dinamicità dell’ecosistema culturale della regione.