Antartide, come si vive ai confini del mondo
Nel corso del ‘900 la progettazione e la costruzione degli insediamenti per ospitare la comunità scientifica in Antartide si è evoluta. Dal 1959, anno in cui venne stipulato il trattato Antartico, sempre più scienziati si sono recati in queste lande di ghiaccio desolate per condurre diverse attività di ricerca. Le difficili condizioni di un luogo quasi del tutto inospitale ha spinto gli ingegneri a realizzare soluzioni abitative particolari. Solo negli ultimi anni, grazie ad una progettazione sempre più integrale e aperta, si è riusciti a sviluppare edifici con prestazioni adeguate al contesto, con un miglioramento dal punto di vista energetico, dell’efficienza operativa, della durata nel tempo e infine rendendoli appetibili anche dal punto di vista estetico. Non più dunque accampamenti di fortuna, utilizzati come appoggio per le missioni di esplorazione agli inizi del secolo scorso, ma delle vere e proprie basi in cui vivere per lunghi periodi. (The Coolest Architecture on Earth Is in Antarctica)
I primi accampamenti in Antartide
Una delle prime strutture permanenti costruite in Antartide risale al 1902. Era una vera e propria capanna in legno isolata con feltro che ospitava l’equipaggio britannico capitanato da Ernest Henry Shackleton. La baracca – scrisse Shackleton – era così fredda rispetto alla neve che durante il primo anno non fu mai utilizzata per gli alloggi ma come deposito, mentre tutti i membri dell’equipaggio preferivano dormire sulla nave. Negli anni successivi si è continuato a realizzare accampamenti improvvisati fin quando la Royal Society, associazione scientifica britannica, creò nel 1968 un accampamento fisso, la Halley Research Station. La stazione durò poco più di un decennio ma era fortemente soggetta alle forti nevicate che costringevano gli operatori a costosi interventi di manutenzione se non di ricostruzione. I britannici ricostruirono cinque volte la stazione Halley. Il problema maggiore per questi edifici è che oltre alle condizioni meteorologiche avverse si ha una vera e propria mancanza di materiale per costruirle. Spesso si procede con una programmazione di importazione dei materiali e delle risorse necessarie per ottenere la struttura, mentre tutto il materiale di scarto e i beni utilizzati per la costruzione devono successivamente essere portati via.
La stazione britannica Halley VI
L’ultima stazione britannica in Antartide è il prodotto di un concorso di progettazione vinto da Hugh Broughton Architects. Un edificio sorprendente ed innovativo, adatto ad ospitare i ricercatori britannici per almeno venti anni nei pressi del Polo Sud. La struttura ha un look particolare, montato su palafitte idrauliche può sollevarsi in caso di forti nevicate in modo tale da evitare di essere sommerso dalla neve. È anche possibile spostare l’edificio grazie ad un sistema di sci posti ai piedi delle colonne idrauliche. Al proprio interno i ricercatori possono godere di un ambiente confortevole e spazioso, rendendo meno dura la vita nell’emisfero australe. La Halley VI è stata inaugurata ufficialmente nel 2013.
“Prima questi progetti erano pensati solo per tenere fuori le intemperie. Agli ingegneri veniva detto – queste sono le condizioni climatiche, questa è la forza del vento e queste sono le cose che ci servono – ma ora per questi progetti si usa l’architettura come mezzo per migliorare la vivibilità e la funzionalità.” Hugh Broughton al New York Times
La base spagnola Juan Carlos I e quella indiana
Anche la Spagna ha deciso di affidarsi allo studio di progettazione di Hugh Broughton e nel 2018 ha inaugurato la stazione Juan Carlos I. Si tratta di edifici modulari rivestiti con pannelli in plastica rinforzata. Queste strutture non solo devono resistere a condizioni estreme ma essere spediti ed assemblati nel minor tempo possibile durante il periodo estivo. Così tali progetti richiedono un periodo di sviluppo notevole che gestisca nei minimi dettagli la composizione e la cantierizzazione dell’opera. Un esempio particolarmente interessante è quello della stazione dell’India, che affidò il compito di progettarla allo studio tedesco bof-architekten. Per rendere più efficiente le fasi di costruzione, fu deciso di utilizzare i container di trasporto dei materiali da costruzione come parte del design dell’opera. Piuttosto che rispedirli vuoti indietro i progettisti decisero dunque di utilizzare i container come materiale per la base dell’opera, ottenendo un risparmio di tempo e di denaro.
Nuovi progetti in Antartide
Molte altre nazioni si stanno adoperando per realizzare delle stazioni all’avanguardia su cui poter far lavorare i propri ricercatori. Nei prossimi mesi sarà inaugurata la stazione brasiliana Comandante Ferraz. Estudio 41, studio di architettura brasiliano incaricato del progetto, sta realizzando due edifici che contengono laboratori, sale di supporto operativo e alloggi. I due edifici sono talmente moderni che possono essere scambiati per un museo d’arte, ma hanno tutte le caratteristiche necessarie per soddisfare le necessità dei ricercatori.
Una delle stazioni più grandi e che riscontra tante difficoltà operative è la base statunitense McMurdo. La società OZ Architecture di Denver dal 2012 sta progettando un nuovo grande edificio con inclusi al suo interno, oltre i laboratori, anche sale fitness, salotti e alloggi dotati di tutti i comfort.
Dopo la base spagnola il team di Hugh Broughton si sta occupando della realizzazione della base Scott della Nuova Zelanda. L’approccio a queste tipologie di progetti è cambiato in modo drastico in poco tempo, con l’obbiettivo di realizzare strutture innovative a prezzi contenuti in modo da ridurre i tagli dei fondi destinati alla ricerca scientifica. I ricercatori scientifici possono finalmente lavorare in condizioni meno estreme rispetto ai loro colleghi del passato.