Era il lontano 2011 quando all’interno dell’offerta formativa post-lauream dell’Università IUAV di Venezia compare un ‘Master Architettura Digitale Iuav’ (MADI). Da allora ad oggi la visualizzazione architettonica ha fatto passi da gigante, talmente grandi che è giunto il momento di allestire una mostra per rendere noto il lavoro che in questi anni si è svolto. È stato così che Fabio D’Agnano, direttore del MADI, ha pensato con il suo team ad ‘Architetture Digitali’, una mostra che raccoglie i lavori in cui sono utilizzati gli strumenti digitali per visualizzare architetture utopistiche mai costruite, o per raccontare architetture note, o per fabbricare oggetti e strumenti.
Lavori costituiti da video, immagini e modelli in cui gli studenti del Master hanno reinterpretato architetture di Tadao Ando, Alberto Campo Baeza, Yona Friedman, Louis Kahn, Kengo Kuma, Le Corbusier, Antonio Sant’Elia, Carlo Scarpa e molti altri. L’effetto ottenuto è una raccolta di elaborati che messi tutti insieme spiegano l’importanza ormai assunta dalla visualizzazione architettonica e dagli strumenti per la fabbricazione digitale di oggetti di design.
Il percorso della mostra è articolato in tre parti. Nella prima parte si mostrano architetture mai costruite, in cui la visualizzazione fotorealistica è una provocazione che rende apparentemente reali le utopie. Tra queste ci sono le utopie di Antonio Sant’Elia, Yona Friedman e il Plan Voisin di Le Corbusier. Oltre alle architetture utopiche diventano immagini fotorealistiche anche suggestioni letterarie o scenografie, come quelle di Italo Calvino, di Batman e di Blade Runner. Un capitolo a parte è dedicato invece alle architetture mai costruite a Venezia, come il Palazzo Venier dei Leoni, il Palazzo Congressi di Louis Kahn e l’ospedale di Le Corbusier.
La seconda parte è invece descrittiva e mostra architetture note in interpretazioni fotorealistiche. Si parte da Venezia con Carlo Scarpa, per arrivare in Giappone con Tadao Ando e Kengo Kuma, passando da San Diego con Louis Kahn. Ed è così che Sabrina Ricco descrive la Kameda House di Tadao Ando, ricostruendo fedelmente la fotografia presa come riferimento. L’attenzione è posta soprattutto ai piccoli dettagli, come gli uccellini, le foglie sull’asfalto, l’erba infestante, i numeri civici e le insegne, i quali rendono l’immagine fotorealistica.
L’archviz può diventare anche uno strumento di denuncia, come fatto in questa immagine provocatoria realizzata da Fabio Ramundo, in cui si racconta una storia diversa da quella nota: gli edifici del Salk Institute di La Jolla in California non sono più un centro di ricerca, ma diventa un ostello. L’autore spiega: “Nell’ipotetico tempo futuro in cui è ambientata la scena, il centro di ricerca scientifico-biologica è stato trasformato in ostello. Le sdraio per prendere il sole hanno occupato lo spazio che l’architetto Louis Kahn aveva lasciato libero per la meditazione, i cocktail hanno sostituito i composti chimici, i letti a castello hanno sfrattato gli uffici. La cosiddetta touristification porta con sé anche altri gravi problemi, quali quello dei rifiuti e dell’inquinamento degli oceani, simboleggiato dal murale in primo piano, e quello del ‘cibo spazzatura’, introdotto nell’immagine dal carretto degli hot-dog al centro.”
Un altro interessante utilizzo delle tecniche e degli strumenti che riguardano l’archviz è quello che rientra sotto il nome di 3D scan e 3D print. La scansione tridimensionale è stata utilizzata per rilevare alcune statue che fanno parte della Collezione Grimani del Museo Archeologico Nazionale di Venezia e che sono poi state inserite in immagini che mostrano dei possibili nuovi allestimenti del museo. Il 3D scan, però, può avere anche altre finalità, come il restauro delle stesse statue, il rilievo di interi edifici o parti di essi per indirizzare i progetti di restauro e consolidamento, il rilievo di oggetti e decorazioni difficilmente modellabili in 3D, come stucchi e cornici.
È presente anche una parte dedicata alla modellazione e alla visualizzazione di oggetti di design come pretesto per lo studio della modellazione e dei materiali. L’ultima parte, infine, mostra la realizzazione di strumenti realizzati dagli studenti, che servono a progettare (intervenendo sulla morfologia degli oggetti) e a costruire con tecniche di fabbricazione digitale. La mostra è ospitata negli spazi espositivi Gino Valle – Cotonificio IUAV di Santa Marta a Venezia. Da qui è possibile scaricare il catalogo completo con tutti i lavori esposti all’interno della mostra.