Con calcestruzzo armato precompresso si identificano tutti gli elementi in conglomerato cementizio che prima della fase di posa in opera hanno subito un processo, tramite le armature, di compressione. Già nella quotidianità operiamo la precompressione, ad esempio per spostare una pila di libri o di scatoloni. La stessa motivazione sta alla base del processo di realizzazione del calcestruzzo armato precompresso.
Nell’analisi delle sezioni in calcestruzzo armato ordinario, al secondo e al terzo stadio, si trascura il contributo della parte tesa, lasciando il compito di resistere a trazione esclusivamente alle armature. Affinché la sezione sia completamente reagente bisogna eliminare, o bilanciare, gli sforzi di trazione. Se viene applicato una forza di compressione elevata prima che venga posto in opera, una volta sollecitato a flessione o presso-flessione, le tensioni di trazione si annulleranno o si ridurranno drasticamente.
Grazie allo sviluppo tecnologico di armature con elevata tensione di rottura è stato possibile realizzare questo procedimento. Si utilizza, infatti, l’acciaio armonico, il quale è un acciaio al silicio con alto tenore di carbonio (0,80 – 0,90%). Il processo produttivo prevede una doppia cottura; successivamente si procede alla tempra con olio ad alte temperature che conferisce plasticità al materiale. Le tipologie di armatura sono sostanzialmente quattro: filo (materiale a sezione piena), treccia (insieme di due o tre fili avvolti ad elica intorno all’asse), trefolo (insieme di fili avvolti ad elica, intorno ad un filo rettilineo centrale, in una o più corone) e barra (elemento a sezione piena maggiore rispetto al filo).
Il calcestruzzo armato precompresso ha notevoli applicazioni sia in ambito edile, sia in quello civile che per le costruzioni idrauliche. Mentre il C.A. ordinario consente di raggiungere al massimo luci di 6m (circa 7m se si utilizzano elementi prefabbricati), il C.A.P. consente di realizzare travi lunghe oltre 12m, che assemblate in capriate raggiungono luci enormi. Però il processo di precompressione non è realizzabile solamente in stabilimento ma anche in direttamente in cantiere. Sia per uso idraulico che edilizio, gli elementi in C.A.P. seguono principalmente due metodi di produzione, rispettivamente con armatura pre-tesa o post-tesa.
Tale procedimento, chiamato anche “sistema a fili aderenti“, prevede che le armature metalliche siano tese prima del getto di calcestruzzo nella cassaforma tramite l’utilizzo di un ancorante e un martinetto mobile che le porta in tensione. Dopo la fase di presa e un predeterminato tempo di indurimento, si sbloccano le estremità delle armature tese che, accorciandosi, imprimono una compressione pari alla trazione esercitata inizialmente dal martinetto, essendo le armature collegate in aderenza con il calcestruzzo.
Le armature vengono posizionate ad asse rettilineo oppure pluriangolare (piagato). Questo metodo è utilizzato perlopiù in stabilimento, in quanto richiede attrezzature ingombranti. Con il processo ad armatura pre-tesa vengono realizzati i travetti prefabbricati per i solai latero-cementizi a luce maggiore. E’ molto usato anche per la realizzazione di tubazioni idrauliche per le opere acquedottistiche di adduzione o per i sistemi di drenaggio urbani (con DN≤3000mm) e per le coperture di grandi serbatoi interrati.
L’armatura post-tesa prevede un numero di passaggi maggiori e un’onere computazionale complesso. I cavi d’armatura vengono posti in apposite guaine, fissate in più punti per evitare ondulazioni o deviazioni, alle cui estremità vengono posti dei cunei di ancoraggio. Operato il getto e completata la fase di presa, dopo alcuni giorni dall’inizio dell’indurimento si mettono in tensione i cavi con dei martinetti. In seguito si bloccano i fili con diversi metodi in base al brevetto in possesso. Bisogna completare la realizzazione dell’elemento con un’iniezione di malta nella guaina per la protezione dell’armatura.
Il concetto fondamentale della post-tensione è che sollecitando con un’inflessione verso l’alto la trave, in fase di esercizio la deformata avrà una configurazione pressappoco orizzontale, eliminando la componente tesa. L’inflessione positiva si ottiene disponendo i cavi non in maniera rettilinea, ma concava verso il basso. La posizione di ogni punto dell’armatura è tale che, agendo lungo di essa tensioni di trazione, queste ricadano nel nocciolo centrale di inerzia. Infatti per aumentare la portanza della trave basta ingrandire l’altezza del nocciolo, per questo motivo si usano solitamente sezioni a T.
In riferimento a due condizioni, a vuoto (assenza di carichi agenti) ed esercizio, vengono definiti due assi neutri fondamentali che descrivono due posizioni limite dell’armatura. Queste ultime definiscono un campo si esistenza chiamato “Fuso di Guyon“, un range all’interno del quale l’armatura deve essere collocata. Il procedimento ad armatura post-tesa permette di realizzare travi in calcestruzzo armato precompresso anche in cantiere.
Molti dei difetti del calcestruzzo armato precompresso dipendono dalla difficoltà di posa in opera in cantiere, per questo è maggiormente diffuso l’uso di C.A.P. prefabbricato (qui per conoscere nel dettaglio la prefabbricazione). I principali problemi però sono la perdita istantanea e la caduta distribuita nel tempo di tensione. Le perdite possono aversi per diversi motivi: cavi tesi non allo stesso modo, attrito lungo il cavo e dal possibile rientro dei cunei. Mentre la caduta è dovuta al fenomeno del ritiro, a quello del rilassamento e al fluage del calcestruzzo (viscosità).
Per questo si utilizza, oltre ad una piccola percentuale di acciaio dolce, quello armonico. Quest’ultimo è caratterizzato da una resistenza allo snervamento maggiore conservando il modulo di elasticità lineare dell’acciaio dolce. Quindi nonostante il rilassamento dell’armatura comunque si riesce a garantire un’accettabile resistenza meccanica. In ogni caso sia per la pre-tensione che per la post-tensione si esercita uno sforzo prevenendo tali fenomeni.
In ambito idraulico il calcestruzzo armato precompresso ha le stesse controindicazioni di ogni tubazione in materiale lapideo: eccessiva scabrezza, bassa resistenza chimica e scarsa sicurezza alle infiltrazioni esterne. Per questo solitamente la tubazione è rivestita esternamente da guaine bituminose e internamente da malta cementizia; nel caso di utilizzo in sistemi di drenaggio viene solitamente collocato un fondino in gres porcellanato per proteggere il tubo da attacchi chimici.
Per conoscere le diverse tipologie di degrado del C.A.P. e il loro effetto cliccare qui.
Qui un focus sulla carbonatazione.