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Climatizzazione estiva e il rischio contagio da Covid – 19

Climatizzazione estiva Covid. Ph. simacsolar.eu

Climatizzazione estiva Covid. Ph. simacsolar.eu

L’estate è finalmente arrivata. Nonostante i casi nel mondo abbiano già superato i 10 milioni, la popolazione comincia a riprendere la propria vita in mano dopo tre mesi duri di lockdown. Le attività cominciano a rialzarsi: centri commerciali, ristoranti, palestre. Ma è proprio in questi luoghi che il rischio potrebbe essere alto. Non solo per gli spazi ristretti, ma anche per gli impianti di climatizzazione che potrebbero innalzare il rischio di contagio da Covid – 19.

A tal proposito, l’ingegner Aldo Celano insieme al Professor Marco Masoero hanno stilato un documento, messo a disposizione dal portale dell’ Ordine degli Ingegneri di Torino, su linee guida di orientamento per la gestione di impianti di trattamento aria, specificandone l’uso in ambienti ospedalieri che possono essere allargati agli impianti industriali in generale. Inoltre. l’Istituto Superiore di Sanità ha emanato un documento sulle indicazioni sugli impianti di ventilazione e climatizzazione in strutture non sanitarie e ambienti domestici.

Gli impianti di condizionamento negli ospedali

L’argomento non è da sottovalutare. La ventilazione degli ambienti è molto importante per contenere la trasmissione del Covid–19, poiché nelle infiltrazioni è alto il rischio di insediamento di batteri. Al momento non c’è alcuna evidenza scientifica circa la trasmissione del virus tramite bio – aerosol, ma nonostante questo si inneggia alla prudenza. Un luogo di lavoro e/o di svago può essere tenuto al sicuro effettuando una semplice ventilazione frequente dell’ambiente e una manutenzione classica degli impianti di climatizzazione riducono un probabile rischio da Covid – 19.

Ph. lapam.eu

Procediamo con ordine. È bene distinguere una metodica e, quasi, obbligatoria serie di azioni da frequentare in ambiente sanitario da quello domestico. Questo proprio perché, nel primo caso, la qualità dell’aria negli ambienti gioca un ruolo fondamentale sul benessere delle persone, specie in ambienti frequentati da persone che non godono di ottima salute. È fuorviante dover specificare che, in ogni caso, operatori e non debbano obbligatoriamente indossare DPI specifici e garantire organizzazione delle aree e degli spazi.

Nel documento vengono classificati i differenti impianti di climatizzazione sui quali sono necessari trattamenti frequenti, verificati dall’Unità di Trattamento Aria (UTA):

  • Centralizzato della portata d’aria totale, nei quali sono necessari controlli sulla qualità di temperatura e umidità relativa e sulla qualità dell’aria, effettuando manutenzioni sui filtri;
  • Centrale della sola aria esterna di rinnovo e trattamento finale locale, nei quali i controlli vengono fatti solo sulla qualità di umidità relativa e di aria;
  • Locale, sono controllati unicamente dalle unità terminali (senza il diretto interessamento di UTA);

Differenti trattamenti per diversi locali

Le azioni da attuare vengono classificate, sostanzialmente, differenziando le azioni per i batteri da quelli per i virus. Per limitare il rischio di contagio da batteri è necessario immettere aria pulita in ambiente in quantità tale da avere una giusta pressione positiva. Questo si traduce in un ricircolo di aria della zona verso l’esterno. Per limitare il contagio da virus prodotto dai pazienti è necessario che questo non contagi altri pazienti e operatori limitrofi ad esso. Infatti, il flusso d’aria deve procedere dai locali “sani” al locale critico. Questo è possibile farlo se all’ambiente critico viene imposta una depressione rispetto agli altri locali.

Il discorso cambia per le sale operatorie, che sono zone delicate. In questi locali è necessario creare una sorta di camera isolata dall’ambiente esterno e mantenute a pressione negativa. Questa pressione, con un differenziale tra i 5 e 10 Pa, si raggiunge considerando un differenziale tra i volumi d’aria in mandata e di estrazione circa pari al 20%.

Gli impianti di condizionamento ad uso domestico

Come già detto, non ci sono ancora dati scientifici che dimostrino che gli impianti di climatizzazione siano un pericoloso mezzo di contagio da Covid – 19. Il rischio di contagio associato all’areosol è ridotto. Però, poiché le goccioline rimangono in sospensione al lungo, è buona norma attenersi a particolari misure di manutenzione.

Modalità di contagio. Estratto dal rapporto ISS n. 33/2020

Gli impianti di climatizzazione, da quelli industriali a quelli domestici, sono per la maggior parte costituiti da acciaio e alluminio. Su questi elementi il virus depositato ha un tempo di vita fino a 72 ore. Da qui si presuppone che, una volta effettuata la prima manutenzione, non dovrebbero esserci più rischi considerando che difficilmente, in casa, un condizionatore resti inutilizzato per più di 2 giorni.

Il rapporto ISS consiglia che gli impianti restino spenti per 10 minuti, prima che si effettuino interventi di manutenzione, almeno fintantoché raggiunga la temperatura ambiente. Gli elementi a diretto contatto con l’aria ventilata (griglie, bocchette, ecc.) devono essere sanificate poiché sono le principali sedi di sedimenti di batteri. I filtri, post manutenzione, devono essere trattati con particolare cautela e quindi smaltiti in apposite direzioni.