Le terapie isolate vengono praticate da oltre un secolo. Però negli ultimi mesi, a causa del Covid-19, la terapia intensiva è stata presa d’assalto. Come vista già dalla prima ondata, la conseguenza è che i posti letto cominciano a scarseggiare ed è necessario aumentare il numero. Molte autorità hanno pensato a qualunque soluzione possibile: adibire palestre, impianti fieristici o altri spazi. Per questo sono intervenuti un team internazionale formato da ingegneri, architetti e medici che hanno pensato alla soluzione CURA, ovvero l’utilizzo di container per creare le stanze di biocontenimento.
Il comitato del Collegio Americano di Terapia Intensiva mette a disposizione linee guida sulla progettazione di una ICU (Intensive Care Unit). Innanzitutto, c’è da dire che per terapia intensiva si intende proprio il monitoraggio e l’assistenza sanitaria continua, h 24. Come già detto, la terapia intensiva si richiede necessaria nel caso in cui il paziente si aggrava e necessita di ventilazione polmonare artificiale nel caso specifico del Covid-19, in generale quando vengono messe in pericolo i sistemi nervosi, circolatori e respiratori.
La particolarità degli spazi adibiti a terapia intensiva è che devono essere ampi. Questo è dovuto al fatto che deve essere garantito lo spazio necessario per il personale medico e per i macchinari, che risultano essere ingombranti. Lo spazio necessario è stimato intorno ai 21 metri quadrati di area libera per letto nel caso di più posti letto in una stanza, mentre devono essere garantiti 23 metri quadrati per camera nel caso di stanze individuali.
All’interno delle stanze si trovano un ventilatore polmonare meccanico, sistema di controllo delle funzioni vitali del paziente, un sistema di aspirazione, macchinario per la dialisi e, ovviamente, un sistema di alimentazione di emergenza. Un sistema centralizzato di ossigeno e aria compressa deve essere previsto e sono consigliati due appresamenti dell’ossigeno per posto letto.
Una stanza di terapia intensiva deve essere necessariamente isolata con lo spazio esterno. Questo perché deve essere garantito il biocontenimento all’interno nel caso di malattie infettive e, soprattutto, per garantire che gli agenti esterni possano infettare lo spazio interno. Ecco perché i macchinari, strumenti e addirittura il personale sanitario devono essere sterilizzati. Per minimizzare lo stress del paziente deve essere garantito un sistema di illuminazione, talvolta anche naturale tramite vedute per l’esterno.
L’Italia è tra i Paesi ad avere il minor numero di posti letto, circa 5000 (senza considerare quelli d’adattamento) e la difficoltà nel creare unità intensive isolate non aiuta. La difficoltà sta proprio nel creare le camere di biocontenimento che significherebbe occupare un’area ampia per un solo posto letto. Inoltre, sono necessarie misure straordinarie come un sistema di filtraggio e areazione con flusso unidirezionale. Infatti, la qualità dell’aria deve essere mantenuta sicura programmando almeno 6 ricambi d’aria per camera per ora. La stanza deve poi essere sottoposta a pressione negativa per mitigare il contagio con l’aria esterna.
Molte sono le difficoltà nel creare stanze a sufficienza in tempi brevi. Ad aggravare l’emergenza è la penuria di macchinari. Infatti, ad oggi scarseggiano proprio questi. Elettrocardiogrammi, ventilatori polmonari e addirittura bombole dell’ossigeno.