Dalla demolizione manuale agli esplosivi: quali sono i metodi per abbattere un edificio

Illustrazione di una casa quasi demolita (Pixxabay FOTO) - www.buildingcue.it
Vorresti demolire un palazzo, e non sai cosa fare? Esistono diversi metodi per abbattere un palazzo, ed anche un pizzico di burocrazia.
Abbattere un edificio non è mai un’operazione banale. Si potrebbe pensare che si tratti solo di far crollare una struttura, ma la realtà è ben più complessa. Ci sono normative da rispettare, rischi da valutare, materiali da gestire e tecniche specifiche da adottare. Ogni demolizione è un caso a sé, influenzato dalla posizione dell’edificio, dalla sua altezza, dai materiali di cui è composto e dagli spazi circostanti.
In Italia, come in molti altri Paesi, la demolizione di edifici è regolamentata da normative stringenti, prima fra tutte il Decreto Legislativo 81/2008, che disciplina la sicurezza nei luoghi di lavoro. Prima ancora di abbattere un muro, bisogna valutare attentamente la stabilità della struttura e pianificare ogni passaggio in modo da garantire la sicurezza degli operai e delle aree circostanti.
Ma come si decide quale metodo di demolizione adottare? Esistono diversi approcci, ognuno con vantaggi e svantaggi. Le tecniche spaziano dall’uso di macchinari pesanti, come escavatori e pinze idrauliche, fino all’uso controllato di esplosivi, riservato ai casi più complessi. E, una volta che l’edificio è a terra, inizia un altro processo altrettanto importante: la gestione dei materiali di risulta. Il recupero e il riciclo delle macerie sono essenziali per ridurre l’impatto ambientale dell’operazione.
Negli ultimi anni, la demolizione selettiva ha guadagnato popolarità, permettendo di separare i materiali in modo più efficace, limitando sprechi e riducendo l’impatto ambientale. Questo approccio si inserisce in un contesto più ampio di edilizia sostenibile, in cui l’abbattimento di un edificio non è solo la fine di qualcosa, ma anche un’opportunità per il riutilizzo e la rigenerazione urbana.
Le tecniche di demolizione
Demolire un edificio non significa semplicemente abbatterlo nel minor tempo possibile. Al contrario, la scelta del metodo dipende da diversi fattori, tra cui la tipologia dell’edificio, la sua altezza, la presenza di edifici circostanti e la quantità di materiali pericolosi presenti nella struttura. Una delle tecniche più diffuse è la demolizione meccanica, che utilizza escavatori e pinze idrauliche per abbattere le strutture. Questo metodo è particolarmente indicato per edifici di altezza medio-bassa e consente di controllare il crollo progressivo della struttura, limitando il rischio di danni collaterali. Inoltre, grazie a strumenti sempre più avanzati, oggi è possibile ridurre le polveri e il rumore generato dall’operazione, migliorando le condizioni di lavoro degli operatori.
In situazioni più complesse, quando si ha a che fare con edifici alti o posizionati in aree densamente urbanizzate, si può ricorrere alla demolizione controllata con esplosivi. Questa tecnica, seppur spettacolare, richiede un livello di precisione straordinario: ogni carica esplosiva viene posizionata con cura per garantire che l’edificio crolli su se stesso, evitando danni agli edifici vicini. Il tutto è preceduto da un’attenta pianificazione, che include l’evacuazione delle aree circostanti e il monitoraggio delle vibrazioni per evitare effetti indesiderati. Un altro approccio, meno invasivo ma più lungo, è la demolizione manuale, che prevede lo smontaggio graduale dell’edificio, pezzo per pezzo. Questo metodo viene usato in contesti particolari, ad esempio quando si devono conservare parti della struttura o quando l’edificio si trova in una zona particolarmente delicata, dove l’uso di mezzi pesanti sarebbe rischioso.

La gestione dei materiali di risulta
Una volta che l’edificio è stato demolito, il lavoro non è affatto finito. Le macerie devono essere gestite nel rispetto delle normative ambientali e, quando possibile, riutilizzate per ridurre la quantità di rifiuti destinati alle discariche. Questo è uno degli aspetti più importanti dell’intero processo di demolizione. Il calcestruzzo e i laterizi, ad esempio, possono essere frantumati e riutilizzati come materiali per la costruzione di nuove infrastrutture, come strade e sottofondi. I metalli, come acciaio e rame, vengono separati e inviati alle fonderie per essere riciclati. Anche il legno, se non contaminato da vernici o trattamenti chimici, può essere recuperato e utilizzato per la produzione di pannelli o per la generazione di energia.
Tuttavia, ci sono materiali che richiedono un’attenzione particolare, come l’amianto. Se presente nell’edificio demolito, deve essere rimosso da aziende specializzate e smaltito in discariche autorizzate. Questo materiale, infatti, è altamente nocivo per la salute e la sua dispersione nell’aria rappresenta un rischio serio per chiunque si trovi nei paraggi. Negli ultimi anni, la demolizione selettiva sta diventando sempre più comune. Questo approccio prevede la rimozione separata di materiali prima della demolizione vera e propria, riducendo il volume dei rifiuti misti e aumentando la percentuale di materiali recuperabili. Adottare questo metodo non solo riduce l’impatto ambientale, ma può anche abbattere i costi di smaltimento, rendendo l’intero processo più sostenibile.