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Dibattito aperto su ghiacciai e permafrost | Ecco quando la disinformazione fa alzare i livelli di panico

Ghiacciai in fase di scioglimento

Ghiacciai (Pixabay foto) - www.buildingcue.it

Ci sono molte cose cose sui ghiacciai che non sappiamo, o meglio, non diciamo correttamente: un’informazione corretta è fondamentale per poter salvare il nostro pianeta.

Negli ultimi anni, il surriscaldamento globale ha assunto un ruolo sempre più centrale nel dibattito pubblico, e con l’arrivo della stagione estiva, la questione diventa particolarmente pressante. Le alte temperature estive non solo rendono evidenti i cambiamenti climatici, ma accelerano processi che si manifestano chiaramente nelle regioni più fredde del pianeta. I ghiacciai e il permafrost, infatti, sono tra i protagonisti principali di questo fenomeno, poiché il loro deterioramento è visibile in tempo reale.

Ogni estate, articoli e studi scientifici mettono in luce l’avanzare del ritiro dei ghiacciai e la lenta ma inesorabile degradazione del permafrost. Questi processi non sono fenomeni isolati ma fanno parte di un più ampio schema che coinvolge l’intero equilibrio ambientale. Non sorprende, quindi, che con il caldo estivo si parli di ghiacciai che “si sciolgono” e del permafrost che “scompare”. Tuttavia, questi termini, pur ampiamente utilizzati, rischiano di generare fraintendimenti sul vero significato dei processi in corso.

La differenza tra “scioglimento” e “fusione” è fondamentale. Quando si parla di ghiacciai, infatti, non si dovrebbe utilizzare il termine “scioglimento”, ma piuttosto “fusione”. Questo processo descrive il passaggio dell’acqua dallo stato solido a quello liquido, ma senza che vi sia alcuna solubilizzazione tra due elementi. Allo stesso modo, il permafrost non si scioglie, ma si degrada. Il cambiamento che avviene nel permafrost, infatti, è un fenomeno diverso e più complesso rispetto a quello che si verifica con il ghiaccio.

In questo contesto, è fondamentale comprendere come l’innalzamento delle temperature stia influenzando l’intero ecosistema montano e artico. Le conseguenze del riscaldamento globale non si limitano solo alla perdita di ghiaccio visibile, ma coinvolgono un complesso sistema di equilibri che comprende il suolo, la vegetazione e la fauna. La degradazione del permafrost e la fusione dei ghiacciai hanno effetti a catena che possono provocare cambiamenti significativi nella stabilità dei territori e nelle risorse naturali, come la disponibilità di acqua dolce. Interpretare correttamente questi fenomeni è essenziale per affrontare le sfide future.

Il processo di fusione dei ghiacciai

Parlare correttamente di fusione dei ghiacciai è importante per capire appieno la portata dei cambiamenti climatici. I ghiacciai non si dissolvono in un solvente, ma si trovano a fronteggiare un cambiamento di stato fisico. Quando la temperatura supera lo zero, le molecole di acqua passano dallo stato solido a quello liquido, e questo contribuisce a ridurre visibilmente la massa glaciale.

L’uso del termine “scioglimento” per i ghiacciai, dunque, è errato, poiché fa pensare a un processo chimico che non ha nulla a che vedere con ciò che accade realmente. La corretta terminologia diventa cruciale per descrivere e interpretare il fenomeno naturale con la giusta precisione.

Animali in montagna e sullo sfondo i ghiacciai
Animali in montagna (Pixabay foto) – www.buildingcue.it

Degradazione del permafrost e le conseguenze per l’ambiente

Mentre il termine “fusione” si applica ai ghiacciai, il permafrost vive un processo differente, quello di degradazione. Il permafrost, infatti, è un terreno che rimane congelato per almeno due anni consecutivi, e la sua graduale esposizione a temperature superiori allo zero può provocare una destabilizzazione del terreno stesso.

Questa degradazione ha implicazioni molto serie per le aree montane e artiche, dove il permafrost funge da cemento per il terreno. Quando si degrada, il rischio di frane e crolli aumenta esponenzialmente. Un esempio recente è il crollo del Cervino, che ha destato grande preoccupazione e che è stato attribuito in larga parte proprio alla progressiva degradazione del permafrost alpino.