Il mondo sta rapidamente mutando. Tale cambiamento porterà effetti irreversibili. Le cause sono da associare a diversi fattori e le conseguenze mettono a rischio l’esistenza dell’umanità. Una delle conseguenze più critiche e imminente è il costante innalzamento del mare. Le città, specialmente quelle che si trovano sotto il livello del mare, sono minacciate da questo effetto. Per questo motivo, da anni, si studiano modi e metodi per mitigare e/o ritardare uno scenario che vedrebbe ridotta un’intera popolazione. Uno studio recente ha portato alla luce l’idea di progettare due enormi dighe nel Nord Europa per contrastare l’innalzamento del mare.
Entro il 2100 migliaia di chilometri quadrati di aree costiere italiane potrebbero essere sommerse dall’innalzamento del mare. È quel che emerge dal convegno tenutosi a Roma, in cui ENEA e Confcommercio hanno discusso circa le particolari criticità in cui versano le coste italiane. Secondo lo studio, oltre 5600 chilometri quadrati e circa 385 chilometri di costa rischiano di scomparire entro il prossimo centenario, che in gergo geologico questo si traduce in condizione a breve termine. Molte città italiane sono a rischio, specialmente quelle balneari e quelle che si trovano ad un’altitudine prossima al livello del mare. Trieste, Venezia e Ravenna sono le città che preoccupano maggiormente, ma anche altre in quasi tutta Italia.
Proprio a Venezia si è cercato di mitigare il problema. Per lo meno di posticipare il punto di non ritorno. Lo scorso 3 ottobre 2020, il MOSE entrò in funzione per contrastare l’acqua alta. Dopo 17 anni di lavoro, si è riusciti a tenere all’asciutto Piazza San Marco, nonostante i 130 centimetri di acqua alta registrati dalle boe. Alla luce di quanto successe nel novembre 2019, quando l’acqua alta raggiunse la quota di 187 centimetri e causò danni a musei e abitazioni, il risultato raggiunto dalla diga automatizzata è stato eccezionale.
NEED, acronimo di “Northern European Enclosure Dam”, è il nome dello studio pubblicato sul Bulletin of the American Meteorological Society condotto dall’oceanografo del Royal Netherlands Institute for Sea Research, Sjoerd Groeskamp. In collaborazione con Joakim Kjellson, oceanografo del GEOMAR, hanno riscontrato una probabile soluzione per contrastare l’innalzamento del mare. Il sistema di dighe, ideato dai due esperti, potrebbe salvare il Nord Europa dagli effetti del cambiamento climatico. Infatti, un terzo dei Paesi Bassi si trova al di sotto del livello del mare e quasi tutto il Nord Europa si trova a livelli prossimi a quello del mare. Questa condizione porterebbe ad una scomparsa, quasi totale, dell’Europa settentrionale.
Il sistema di dighe consiste nella realizzazione di due enormi dighe. Una lunga 475 chilometri tra il nord della Scozia e l’ovest della Norvegia, che per le condizioni morfologiche sarebbe spezzata in due tratti di 145 e 331 chilometri, l’altra lunga 161 chilometri tra il nord della Francia e il sud – ovest dell’Inghilterra. Per un totale di 636 chilometri di dighe pronte a proteggere l’Europa. I costi per la realizzazione si aggirano intorno ai 500 miliardi di euro, l’equivalente dello 0,1 per cento del prodotto nazionale lordo di tutti i Paesi coinvolti. Il progetto è del tutto fattibile, anche perché le dighe raggiungerebbero profondità di poco superiori ai 100 metri, fino ad un picco massimo di 300 metri.
Il progetto risulta essere fattibile dal punto di vista tecnico. Oltre le lunghezze colossali, che non presentano problematiche, le dighe dovrebbero coprire profondità di massimo 300 metri. Un numero irrilevante, considerando che per molte piattaforme petrolifere si raggiungono anche i 1000 metri. Ma uno degli ideatori, Groeskamp, ci tiene a precisare che lo studio è stato condotto più per scuotere gli animi delle autorità piuttosto che per realizzare, effettivamente, la struttura. Infatti, sebbene il progetto sia attuabile, porterebbe non poche problematiche all’intero ecosistema settentrionale. La marea scomparirebbe in gran parte del Mare del Nord e, addirittura, potrebbe trasformarsi in un lago d’acqua dolce.
Questo muterebbe l’intero ecosistema, provocando ingenti perdite nel regno animale. Questo effetto porterebbe ad una forte crisi nel settore ittico, provocando perdite inestimabili per le industrie della pesca, nonché della navigazione. Inoltre, ci sono soluzioni puntuali molto più economiche rispetto al sistema di dighe. Certo è che bisogna accelerare i tempi e soprattutto bisogna avere la voglia di affrontare questo cambiamento.