Gli edifici più a Nord della Terra sono caratterizzati da una bellezza surreale che è data dalla commistione tra forma e natura. Le temperature rigide portano a paesaggi aridi e scarsamente popolati fuori dalla portata della maggior parte dei viaggiatori. Questa inaccessibilità è ciò che per primo ha attirato un fotografo austriaco, Gregor Sailer, nella regione, grazie al quale possiamo scoprire le bellezze del luogo. Egli, nel suo nuovo libro “The Polar Silk Road”, racconta l’Artico attraverso un punto di vista architettonico.
Tutti conosciamo la grande importanza del rapporto tra fotografia e architettura, ma in questo caso ci consente di scoprire luoghi inesplorabili. L’arte di scattare una foto permette, spesso, di dare rilevanza alle opere architettoniche o di sottolineare particolari che caratterizzano un’opera. In questo caso si comprende come necessità e forma architettonica vanno di pari passo. Un concetto che va controcorrente rispetto alle architetture che non rispettano il genius-loci e potrebbero essere collocate ovunque. Come dimostrato dagli edifici più brutti del mondo.
Non solo utilità. Questo è il concetto fondamentale, poichè se ci trovassimo dinanzi ad oggetti che devono avere solo uno scopo pratico quasi parleremmo per assurdo di rifugi temporanei termici. Ma in questo caso la geometria delle architetture, che si sposa con la necessità di contenere le dispersioni termiche in maniera spinta, rispetta pienamente il paesaggio. La bellezza surreale degli edifici più a Nord della Terra consiste quindi nel connubio tra la terna vitruviana: Utilitas, Firmitas e Venustas. La prima è data dall’importante funzione di riparo di questi edifici; la seconda dal grande sforzo progettuale per realizzare strutture che trattengano il calore e che resistano alla grande forza del vento; la terza è data dalla forma che unisce i due aspetti precedenti in un’opera d’arte materiale.
“Da un lato, la natura selvaggia vuole ucciderti e, dall’altro, la vita è possibile e continua. Ci sono cose che accadono in questi luoghi remoti che hanno un impatto su tutti noi, ed è importante che le persone comprendano questi sviluppi” racconta Sailer alla CNN. Aggiunge poi che “era chiaro fin dall’inizio che non c’era molta architettura nell’Artico, quindi sono tornato con relativamente poco materiale“. Un’altra caratteristica di questi edifici è che si trovano isolati. Sono stazioni scientifiche o rifugi che hanno l’unico scopo di riparare gli esploratori del luogo.
Il report fotografico è stato realizzato in luoghi in cui si raggiungono temperature anche di -55°C in cui tra le cose ci sono restrizioni militari e/o ricerche scientifiche in corso. Il tutto è stato ripreso anche con una telecamera analogica documentando la cosiddetta Via della Seta Polare. Essa si occupa dello sviluppo economico delle regioni artiche e delle implicazioni politiche in merito alle rivendicazioni territoriali dell’artico. Il lavoro di Sailer è stato esposto in molti festival internazionali vincendo anche il DAM Architectural Book Award.
Il riscaldamento globale sta portando danni concreti all’ecosistema mondiale. Inverni troppo freddi con estati molto calde, con l’innalzamento delle temperature medie annue di circa, o oltre, 2°C, portano il mutamento dei paesaggi compreso quelli dei Circoli Polari. Ciò è dimostrato dall’attento studio dello scioglimento dell’iceberg tagging in Groenlandia. Lo studio della bellezza surreale degli edifici più a nord della terra ha il risvolto positivo di comprendere come l’architettura può e deve adattarsi alle condizioni più estreme e come, nonostante tutto il fine estetico non è alienabile.