Un imponente padiglione: è questa l’ultima opera a Riyadh di Edoardo Tresoldi, lo scultore italiano specializzato nella creazione di installazioni ambientali in rete metallica. Dopo la Basilica paleocristiana realizzata in Puglia, il giovane scultore, inserito da Forbes nella lista degli under 30 più influenti del 2017, continua a stupire con la sua proposta artistica unica.
Luogo della sua nuova installazione è Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita. La struttura è un tributo alle cattedrali gotiche del medioevo e si stanzia all’interno della Diriyah Oasis, quartiere di intrattenimento culturale e luogo di nascita della KSA (Kindom of Saudi Arabia)
L’opera di Edoardo Tresoldi a Riyadh giganteggia all’interno del complesso espositivo dei padiglioni dell’oasi. Denominata Gharfa, essa si presenta come un vero e proprio edificio dall’aspetto sontuoso, che richiama i palazzi del At-Turaif District, storico sito patrimonio UNESCO che sorge non lontano dal padiglione. La struttura è realizzata prevalentemente in reti metalliche e le sue mura sono a tratti piene, mediante l’istallazione di pannelli di sughero. La volontà è quella di creare una cesura fra interno ed esterno, creando vere e proprie “stanze” a tutela dell’intimità di determinati ambienti.
Sono proprio questi pieni a fare di Gharfa uno spazio espositivo. Nel suo centro è presente un’istallazione video che fa ardere un fuoco virtuale, pensata e realizzata dallo stesso Tresoldi. Una volta spostatisi in un nuovo ambiente, è possibile ammirare delle leggere nuvole artificiali che si contrappongono alla pesantezza dei tappeti decorati, iconici nella cultura araba.
Poi c’è l’installazione, ispirata alle decorazioni mediorientali, di Edoardo Tresoldi e Matteo Foschi, realizzata con piante e materiali industriali. A Max Magaldi è stato affidato invece il commento sonoro. All’esterno, ‘Duna’ di Alberonero cinge il castello con un drappo di tessuto semitrasparente che rappresenta il simbolo di un orizzonte bianco e percorso nel vuoto. Una soglia tra visibile e invisibile.
Gharfa si estende all’interno dell’oasi di Diriyah, un quartiere di intrattenimento culturale che commistiona l’origine con l’originalità onorando l’estetica autentica del luogo e valorizzandola con l’introduzione di materiali e strutture architettoniche contemporanee.
Quest’oasi usa tecnologie innovative e costruisce paesaggi inventivi per evidenziare installazioni artistiche originali e interazioni pubbliche sconvolgenti. La Diriyah Oasis si sviluppa su quattro zone uniche che orbitano attorno a una piazza centrale, creando un’esperienza sensoriale senza pari che coinvolge l’intera famiglia.
Questa esperienza urbana curata aspira ad elevare e arricchire le comunità attraverso lo sviluppo di spazi pubblici accessibili, educativi, divertenti e di ispirazione per tutti. L’oasi di Diriyah è divisa in quattro zone (Natura, Immaginazione, Riflessione ed Emozione) e si estende su 130 Kmq.
Edoardo Tresoldi è uno scultore italiano classe 1987, noto a livello mondiale per la creazione di installazioni ambientali in rete metallica. Egli, dopo aver frequentato l’istituto d’arte a Monza, intraprende una fugace carriera come scenografo cinematografico, per poi dedicarsi alle arti figurative, in particolare nella scultura, ma distaccandosi dalla scultura classica, realizzando figure umane in rete metallica, rifacendosi ai suoi studi di arte scenografica.
Fra il 2013 ed il 2014 rende pubbliche le sue opere, partecipando a vari concorsi e mostre e ottenendo forti consensi. Nel 2016 la Soprintendenza archeologica della Puglia gli affida un progetto di valorizzazione e conservazione della Basilica paleocristiana di Siponto.
Pur nascendo come scultore, Edoardo Tresoldi, oltre a quella di Riyadh, si è già cimentato in questa tipologia di opere. Basti pensare a Simbiosi, realizzata per Arte Sella nel 2019 e ispirata al temporale che aveva distrutto il parco artistico l’anno primo. In questo frangente la struttura, oltre che in rete metallica, esplicita la sua pienezza mediante una pietra locale, riferimento alle rovine, ad edifici nobili, ma anche umili, che nella sua opera si fondono. Tema caro agli autori romantici che, non a caso, amavano inserire rovine anche nei giardini dove la natura prendeva il sopravvento su scampoli di passata umana quotidianità.
Un’altra opera è la famosa basilica realizzata totalmente in rete metallica a Siponto (Manfredonia), realizzata sulla base del corpo longitudinale dell’ex basilica di Santa Maria Maggiore di Siponto. L’installazione si estende in volume, ricalcando quelli della basilica preesistente, venuta alla luce intorno agli anni ’30. Anche in questo caso gioca un ruolo fondamentale la rovina, con il fine non di un richiamo al romanticismo, ma di preservare le antiche rovine dell’ex basilica.