A cura di Ferrarella Giovanni
Dalla seconda metà del ventesimo secolo, il degrado delle strutture in cemento armato e cemento armato precompresso (c.a.p.) divenne uno dei maggiori problemi dell’ingegneria strutturale. Molte delle strutture in cemento armato precompresso (c.a.p.) che costituiscono la rete autostradale italiana, come del resto quella della maggior parte dei paesi Europei, sono stati costruiti con limitate conoscenze nei confronti della durabilità e affidabilità, facendo i conti con un panorama tecnologico ancora in fase evolutiva.
Bisogna tener conto che il tempo di vita utile di un viadotto autostradale è stimato in media 100 anni. Generalmente è necessario un intervento riabilitativo importante quando tale struttura raggiunge circa metà della propria vita media. Numerosi studi svolti evidenziano che una percentuale della responsabilità del degrado di tali opere è dovuta alla corrosione delle armature metalliche.
I processi corrosivi sono responsabili di vari fenomeni di degrado, strutturale e non, come:
Le costruzioni più a rischio di corrosione sono quelle in cemento armato precompresso come ponti e viadotti autostradali. Su questi tipi di struttura si utilizzano sali antigelo per garantire i servizi di viabilità durante le stagioni più fredde.
Di fatti, una soluzione salina, come l’acqua di mare o la strada bagnata di sale come antigelo, favorisce lo spostamento degli ioni nella reazione di ossidoriduzione e quindi aumentano la velocità di formazione della ruggine. A tal proposito, le strutture costruite intorno agli anni 50-60 con una tecnologia sul c.a.p. ancora non matura e decisamente poco volta al futuro, sono quelle più critiche.
Solo alcuni degli esempi maggiormente rappresentativi tra quelli che hanno portato addirittura al crollo sono il ponte di Santo Stefano (provincia di Messina) avvenuto il 23 aprile del 1999 (progettato dall’Ing. Riccardo Morandi nel 1954 e costruito nel corso dell’anno 1956) e il crollo del Ynys-y-Gwas Bridge avvenuto in Galles nel 1985.
A seguito di tali considerazioni preliminari, risulta di fondamentale importanza un’accurata previsione del fenomeno della corrosione delle armature che, senza dubbio, richiede una buona conoscenza delle proprietà di trasporto del calcestruzzo e la conoscenza della loro variabilità nel tempo.
Di particolare importanza sono le azioni, come la variazioni di temperatura, i cicli di gelo e disgelo, le reazioni alcali aggregati, che possono portare alla creazione di fessure che risultano essere vie preferenziali per l’ingresso degli agenti aggressivi provocando quindi una netta riduzione del tempo di innesco del processo di corrosione.
Nelle strutture in c.a.p. risultano di maggiormente pericolosi due meccanismi corrosivi quali: corrosione sotto sforzo e infragilimento da idrogeno.
La prima è dovuta ad una cricca a cui si associa uno sforzo di trazione. Questa comporta una netta perdita delle proprietà meccaniche dell’elemento. Il caso più estremo, con conseguente rottura fragile dell’elemento si verifica quando la tenacità a frattura KIC risulta maggiore del fattore di intensificazione delle tensioni KI.
L’infragilimento da idrogeno è la forma più grave per acciai ad alta resistenza. Gli atomi di idrogeno tendono a concentrarsi nelle zone di massima sollecitazione causando la propagazione della cricca e la rottura di schianto dell’elemento.
Numerosi studi universitari stanno analizzando i due fenomeni di collasso al fine di valutare il legame causa-effetto tra la corrosione e la risposta strutturale degli elementi in c.a.p. e, successivamente, migliorare l’efficacia di tali sistemi strutturali.