Lo sviluppo di una rete nazionale di fibra ottica è stata inserita nel recente Piano Colao (“Iniziative per il rilancio – Italia 2020-22”). I recenti avvenimenti hanno dimostrato con prepotenza cosa significa essere dalla parte sbagliata del divario digitale in Italia. Se da un lato i CEO delle principali aziende di telecomunicazioni assicurano che le infrastrutture già presenti hanno retto bene il colpo, dall’altro chi già prima si trovava in aree con copertura inadeguata o inesistente ha visto questa disparità aumentare.
Se Internet è qualcosa che comunemente si immagina come un groviglio di strade digitali che viaggia sopra le nostre teste – o addirittura in una dimensione parallela alla nostra – sarà bene precisare che in realtà viaggia principalmente sotto ai nostri piedi. L’intero pianeta è letteralmente percorso in lungo e largo dalle cosiddette dorsali. Si tratta di vere e proprie autostrade – solitamente subacquee – la cui struttura portante è costituita da cavi in fibra ottica. Su di essa viaggia il traffico dati di tutto il globo varcando ogni sorta di confine e giungendo ai punti di interscambio nazionale, gli Internet Exchange Point. Per i curiosi, l’ONU, tramite una sua agenzia specializzata, fornisce una mappa che traccia i percorsi di queste misteriose infrastrutture.
Milioni di km di cavi eppure le sorti digitali dell’utente finale sono decise (quasi del tutto) da ciò che accade nell’ultimo: è l’ultimo miglio (last mile), che separa l’abitazione dalla centrale telefonica. Per anni questo collegamento è stato possibile sfruttando il doppino di rame, lo stesso che ci ha dato accesso al telefono. Con l’avvento delle trasmissioni su banda ultra-larga questo tratto è praticamente diventato il collo di bottiglia. L’unica architettura che permetterebbe di sfruttare pienamente le potenzialità delle connessioni attuali è quella che esclude del tutto linee in rame, che risentono di problemi come la distanza e le interferenze elettromagnetiche, in favore di un’infrastruttura del tutto in fibra, fino a casa dell’utente: è la cosiddetta architettura Fiber to the Home. Una tecnologia importante per consentire importanti servizi come ad esempio il monitoraggio da remoto delle strutture.
Lo scopo è nobile ma assicurare una rete in FTTH ad un intero Paese è una sfida ambiziosa che solleva la questione di intervenire in territori urbanizzati, il tutto arrecando il minor disagio possibile alle comunità e al tempo stesso eseguendo un lavoro a regola d’arte. Questo spiega perché il 70% dei costi di realizzazione delle reti secondarie (quelle che vanno dalla centrale al cliente) è relativo alle opere civili. Ma si sa, dai problemi nascono nuove opportunità. Alcuni operatori di telecomunicazione statunitensi, alla ricerca di un metodo di posa delle nuove reti che fosse poco invasivo, inventano la minitrincea. Similmente ad altre tecnologie di scavo che riducono o eliminano la sezione a cielo aperto, l’ISTT (International Society for Trenchless Technology) annovera la minitrincea fra le tecnologie no-dig a basso impatto ambientale.
In Italia fu sperimentata per la prima volta a Roma nel 2008, nell’ambito del progetto NGN2 in cui si riuscì a completare un tratto di 90 m in 2 ore. La tecnica prevede che venga praticato un taglio largo fra i 15 e i 20 cm e profondo fino a 40 cm tramite delle escavatrici a disco o delle frese montate su piccole macchine operatrici. Alla posa dei cavi segue il riempimento del taglio con malta cementizia areata e il completamento con il tappetino di usura. Un’ulteriore versione è la microtrincea, adatta a tracciati poco sollecitati, come marciapiedi o banchine, in cui la larghezza del taglio diventa minore del diametro di una moneta da 5 centesimi.
Un’altra interessante tecnica no-dig che si sta affermando nel campo dei sottoservizi è la trivellazione orizzontale controllata (TOC), in cui, con l’ausilio di sofisticati sistemi di guida, un utensile perforante posto a capo di una colonna di aste realizza nel sottosuolo un foro pilota che ospiterà la rete. Il vantaggio è che l’infrastruttura viene praticamente “infilata” al di sotto di tutto ciò che deve superare senza che nessuno – o quasi – se ne accorga, poiché sono necessari solo due fori in prossimità dei punti di ingresso e uscita. Si possono percorrere senza problemi fino a 2 km, anche in traiettoria curvilinea, e il piano di posa può scendere fino a 2 m.
Sia la minitrincea che la TOC possono percorrere lunghezze di scavo che vanno dai 100 ai 200 m al giorno, contro i 30 m dello scavo tradizionale, con evidenti vantaggi in termini di materiale di risulta prodotto, disagio arrecato alla popolazione e problemi di ripristino, nonché ricadute collaterali come la diminuzione degli incidenti di cantiere.
È necessario analizzare il contesto. La minitrincea può risultare fallimentare in terreni poco compatti e analogamente la perforazione orizzontale presenta difficoltà in presenza di ghiaie sciolte. Bisogna inoltre considerare la presenza di sottoservizi antecedenti: l’indagine del georadar potrebbe rivelare l’esistenza di strutture tali da far propendere per lo scavo manuale, o ancora, particolari esigenze, come la conservazione di pavimentazioni pregevoli o il superamento di ostacoli come corsi d’acqua e siti archeologici potrebbero favorire l’uso della perforazione controllata. Non è infine da escludersi la possibilità di ibridare tutte queste tecniche.
Nel settore le sperimentazioni abbondano: ogni avanzamento nella tecnologia si riflette quasi istantaneamente in un cambiamento della prassi operativa. Al momento la minitrincea è l’opzione più praticata per la posa della fibra ottica nelle aree urbane, soprattutto grazie allo slancio legislativo ottenuto nel 2013 dall’emanazione del Decreto Scavi (D.M. 01/10/13). Ma le novità sono all’ordine del giorno: è di recente sperimentazione un conglomerato bituminoso additivato con inerte che eliminerebbe la necessità del tappetino di usura. Insomma, la tensione all’innovazione è tangibile e fa essere ottimisti sul fatto che presto tutti potremo scegliere di viaggiare su queste autostrade che corrono sotto i nostri piedi, a 1 Gigabit al secondo.