Tutti, anche chi non subisce particolarmente il fascino dei ponti, hanno visto almeno una volta una foto o un’immagine del bypass della diga di Hoover. E’ infatti un’immagine celeberrima, un enorme ponte ad arco incastonato in una profondissima valle, con alle spalle l’ancora più massiva diga di Hoover. Il trionfo della tecnica ingegneristica (con buona pace degli ambientalisti, ce ne rendiamo conto), che ben si adatta alla complessità e alle asperità del territorio caratteristico dei canyon americani.
Si tratta di un’opera dalla storia molto travagliata e complessa, tipica delle strutture di importanza rilevante. Nonostante una genesi tortuosa, comunque, oggi l’Hoover Dam Bridge Bypass compie 12 anni. Andiamo alla scoperta della storia di quello che, probabilmente, è il duo ingegneristico più famoso e fotografato al mondo.
La prima cosa da specificare è che, originariamente, questo duo tale non era. L’abitudine a vederli in coppia potrebbe infatti far pensare che le due opere siano contemporanee, ma in realtà non è così. Anzi, diciamo pure che la Hoover Dam (diga di Hoover in italiano) sia la sorella maggiore del bypass stradale. Molto maggiore, forse meglio dire così, perché ha circa 80 anni più del ponte!
Questa diga, del tipo a gravità ad arco in calcestruzzo (come quella del Vajont), risale agli anni ’30 del ‘900. La realizzazione della diga di Boulder (questo il primo nome dell’opera, di derivazione rooseveltiana) ai tempi risulta essere un’operazione davvero difficoltosa, quasi titanica. La particolare profondità e pendenza delle pareti di roccia e l’allora limitato progresso tecnologico sono state problematiche di non poco conto, che causano durante la costruzione più di 100 vittime fra gli operai. Per avere un’idea dell’entità dell’opera, si pensi che la realizzazione di dighe di una certa importanza nel mondo inizia a diventare frequente solo dagli anni ’50-’60 del secolo scorso, ossia almeno 20-30 anni dopo la diga americana.
Ribattezzata definitivamente diga di Hoover durante l’omonima presidenza del paese a fine anni ’40, l’opera ai tempi era una meraviglia dell’ingegneria. Sebbene oggi non rientri fra le più grandi dighe al mondo, le sue dimensioni sono di tutto rispetto: oltre 220 metri di altezza, 379 metri di lunghezza, con uno spessore alla base di 200 m e in sommità di 14 metri.
La diga sorge nel Black Canyon, al confine fra gli stati di Nevada ed Arizona, e consente l’accumulo delle acque del fiume Colorado, costituendo il lago artificiale di Mead. Quest’ultimo, quando la diga risulta riempita fino al massimo consentito, è il più grande serbatoio idrico degli interi Stati Uniti.
Verrà ora da chiedersi cosa c’entri, in tutta questa storia, il bypass stradale di Hoover; è arrivato il momento di scoprirlo.
La nascita del bypass stradale in affianco alla diga di Hoover viene già teorizzata negli anni ’60 del ‘900 come soluzione ad un problema strutturale e trasportistico. Durante la costruzione della diga, infatti, vi è uno sviluppo edilizio importante nello stato del Nevada (sorgono in questo periodo città come Las Vegas).
Questo comporta un aumento di traffico commerciale e turistico verso la zona della diga, ragion per cui si decide di prolungare l’itinerario della US Route 93 attraversando il fiume Colorado proprio in corrispondenza della Hoover Dam. In un primo momento la via di percorrenza coincide col coronamento sommitale della diga, ma sorgono subito i primi problemi. Primo fra tutti quello stradale, con un percorso ricco di tornanti e di cambiamenti di pendenza molto disagevoli e pericolosi per gli automobilisti. Poi, quello di sicurezza: un eventuale incidente sopra la diga di Hoover sarebbe stato un serissimo problema, senza considerare gli effetti delle sollecitazioni cicliche del traffico sulla struttura. Infine, quello trasportistico, con traffico sempre più congestionato nella porzione di tracciato che sorge sulla diga.
Ecco dunque l’idea, inizialmente embrionale, di un percorso alternativo ma prossimale alla diga di Hoover. Fra dubbi, ripensamenti, ritardi ed interruzioni, il progetto non vede la luce prima dell’estate del 2001. A quel punto, il pool di progettazione composto da HDR Inc. e che include T.Y. Lin International , Sverdrup Civil, Inc. e altri collaboratori specializzati inizia le attività di design dell’opera.
Il progetto del bypass stradale (nome ufficiale Mike O’Callaghan-Pat Tillman Memorial Bridge) prevede la realizzazione di una struttura a doppio arco nervato trasversalmente mista acciaio-calcestruzzo. I due archi inferiori in cemento armato (i più grandi degli Stati Uniti, i secondi nell’emisfero occidentale dopo quello principale del ponte di Krk, in Corazia) sono connessi trasversalmente da irrigidimenti in acciaio. I pilastri che si innestano sull’arco sono anch’essi in cemento armato, e sorreggono un impalcato in acciaio.
Le dimensioni dell’opera sono comparabili a quelle della vicina diga (il ponte, rispetto a questa, si trova circa 450 metri a Sud). Il ponte ha lunghezza totale di 579 m con campata di 320 m. La carreggiata si trova a 270 m sopra il fiume Colorado, su di essa trovano alloggiamento due carreggiate indipendenti a doppia corsia ciascuna, oltre che percorsi pedonale e ciclabile.
La realizzazione del progetto, curato in particolare dalla società d’ingegneria californiana T.Y. Lin International (una delle leader mondiali del settore), ha vissuto non poche difficoltà. Da quelle ambientali come le forti raffiche di vento, la notevole altezza dal fondo valle e la particolare conformazione della vallata, fino a quelle costruttive. La sfida più complessa è stata quella della messa in opera degli archi in calcestruzzo, costituiti ciascuno da 53 conci prefabbricati più quelli dei basamenti gettati in opera.
Non potendo disporre di centine, la soluzione adottata è stata la realizzazione preliminare dei pilastri esterni adiacenti agli archi. Si costruiscono poi su di essi delle torri temporanee da sfruttare come ancoraggio per stralli temporanei in acciaio con cui sostenere i conci degli archi, posti in opera in avanzamento simmetrico fino alla ricongiunzione in chiave. Concludono il tutto i pilastri verticali sugli archi e la messa in opera dell’impalcato metallico.
Il bypass, aperto al traffico pedonale il 16 Ottobre 2010 e al traffico stradale il successivo 19 Ottobre, presenta alcune particolarità che sono vere e proprie chicche per gli amanti dell’argomento. Eccole qui riportate: