La storia (non a lieto fine) degli inventori del processo a fanghi attivi

A cura di Gabriele Caliri

Da piccoli siamo un po’ tutti cresciuti con le favole, e di certo Andersen se ne curava abbastanza nel regalarci un sorriso accompagnato da un lieto fine. Purtroppo di sorrisi ve ne furono ben pochi nella storia scientifica che vide come protagonisti Edward Ardern e William Lockett, i due chimici inglesi autori del processo a fanghi attivi. Tale processo rappresenta una scoperta senza dubbio poco ortodossa, ma abbastanza rivoluzionaria, ed il successo riscosso, gli ha di certo assicurato il podio della scienza per ben 102 anni. L’idea dell’utilizzo di microrganismi come supporto depurativo, nacque dalla mente di un consulente chimico di nome Gilbert John Fowler, il quale sovraintendeva l’attività di ricerca di un biologo di nome Mumford, riguardante il risanamento delle acque reflue esplicata da un ceppo batterico, (M7) in presenza di sali di ferro e aria. Ritenendo che tale tecnica potesse rappresentare un ottimo trampolino di lancio per una rivoluzione depurativa, la sottopose all’attenzione dei due inglesi i quali, proprio nel 1914, aerarono dei reflui all’interno di due bottiglie di vetro, con un tubicino piegato ed inserito a 90°, attraverso cui l’aria forniva una miscelazione profonda e continua. Notarono che ripetendo più volte l’operazione, l’attività biologica del fango veniva sempre più stimolata, (il cosiddetto ricircolo di sospensione) producendo un effluente depurato, in un tempo sempre più ristretto ed in uno spazio ridotto. Confidarono infatti che il segreto del successo dei fanghi attivi, risiede proprio nella flora microbica, che invece di disperdersi nell’effluente trattato, si agglomerava per bioflocculazione ed assorbimento, in ammassi fangosi di natura fioccosa, popolati da microrganismi vivi ed attivi.

Tutta colpa di John Fowler

Si personifica in questo nome il lupo cattivo della favola. Ebbe un atteggiamento piuttosto egoistico verso le due figure rappresentanti il più importante passo in avanti nella storia del settore depurativo delle acque, senza nulla togliere al suo contributo iniziale che fu di certo significativo, ma che a suo dire, lo autorizzò ad appropriarsi del brevetto decidendone in piena autonomia le sue sorti. La Commercializzazione del processo in Gran Bretagna fu notevolmente rapida e i signori Jones e Attwood, produttori di apparecchiature in ambito sanitario, mostrarono particolare interesse nel brevetto e furono in grado di produrre una strumentazione adeguata alla distribuzione dell’aria. Fu proprio in quel momento che il tutto prese un risvolto negativo, il Fowler pensò bene di vendere ai due imprenditori il brevetto in cambio di 1.000 dollari, sotto forma di azioni. Le battaglie portate avanti dal Comitato del Manchester Rivers Department, (sede in cui nacque il processo) a difesa di Ardern e Lockett risultò del tutto inutile, e condusse i presidenti della famosa azienda, ad appropriarsene, con legale acquisto e proficua utilizzazione. Così si concluse senza un lieto fine la storia dei due ricercatori inglesi, che nonostante gli estremi sacrifici di anni di ricerca, videro la loro scoperta rubata sotto i propri occhi e strumentalizzata senza un minimo di riconoscenza nei loro confronti. Potevano aspettarsi di tutto, tranne un finale a sorpresa del genere, che senza dubbio non è servito a cambiare la memoria del processo, che in tutti i più grandi volumi accademici e nelle menti di tutti gli studenti universitari, porta alto il loro nome e non quello del lupo cattivo, Gilbert John Fowler.

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Gabriele Caliri