Dalla notte dei tempi l’uomo deve soddisfare le proprie esigenze fisiologiche. Nel Medioevo questa prassi aveva diverse sfaccettature; ognuno aveva la latrina che si meritava. Dal sedile semplice e spartano con foro fino ad una specie di sedia di agiamento al pitale. Insomma che si era un popolano oppure il re di qualche regno recondito, in qualche modo bisognava liberarsi nella maniera più agevole possibile.
Conosciuto meglio come latrina, termine generico, un luogo intimo che ha visto un lungo trascorso di storia dell’essere umano. In realtà questi spazi in diverse epoche e regioni geografiche hanno avuto una personale denominazione: ritirata”, “camera”, “camera privata”, “privato”, “camera bassa”, “camera cortese”; nomenclature diverse per una così simile funzione e principio base, dovevano avere una seduta agevole, un buco classico ed una intimità a volte manchevole.
Per i borghesi o nobili c’era l’esclusività del proprio foro domestico, al proprio piano del palazzo, era personale; per i meno agiati ed il popolo si arrivava ad avere anche più sedute ravvicinate, due tre o più; insomma si condivideva il momento del bisogno; questo però implicava una maggiore scomodità ed una minore riservatezza ed igiene, che all’epoca già scarseggiava normalmente.
Dai tempi dei Romani ricordiamo ed abbiamo evidenze che le latrine erano pubbliche; i cosiddetti bagni Romani erano sistemi a seduta multipla che però avevano una tecnologia avanzata già per l’epoca, erano a risciacquo continuo e quindi garantivano una “pulizia” continua senza nessun tipo di accumulo e stagnazione.
I castelli per propria struttura architettonica sono fatti da grossi muri, spessi anche più di 2 metri , questo per garantire una maggiore stabilità e maggiore protezione in caso di attacchi esterni. Grazie a questa peculiarità, i luoghi appartati che facevano da funzione di “ritirata” cioè luogo intimo per fare i propri bisogni, veniva ricavato proprio lì, in zone nascoste e più morte della fortezza.
Erano a volte anche sporgenti, proprio dai muri perimetrali, fatti anch’essi di pietra costituiti da un sedile ed un semplice foro di evacuazione che era diretto ai piani “inferiori”; gli escrementi finivano nei fossati pieni o meno d’acqua; talvolta erano diretti anche immediatamente verso l’esterno del perimetro della fortezza stessa. Per una maggiore comodità e comfort la seduta di pietra era spesso ricoperta di legno che fungeva anche da isolante per il freddo e l’umidità.
Questo spazio dall’intimità particolare era fatto da un piccolo spioncino o feritoia che fungeva da areazione/ entrata di luce minima che consentiva anche seppur infima ventilazione e ricambio d’aria. Già dal XIII secolo o forse prima le sedute avevano anche una sorta di coperchio che evitava la eventuale entrata di insetti oppure fuoriuscita di odori forti.
In alcuni castelli però le latrine erano luoghi separati per garantire più igiene e riservatezza. Ogni piano aveva il suo spazio intimo per la “ritirata”. All’interno foglie di cavolfiore fungevano da carta igienica a disposizione dei fruitori maldisposti.
Il sistema di scarico poteva essere “a caduta diretta” oppure era progettato con una serie di canalizzazioni che consentivano l’espulsione verso il fossato e quindi direttamente nel sottosuolo poi dove veniva filtrato grazie al pietrisco.
Alcune testimonianze riportano delle raffinatezze che certi principi più economicamente agiati potevano permettersi, delle brocche d’acqua di rose di Damasco per pulire le parti intime ed alleviare fastidi. Anche l’appoggio non era da meno, a volte era ornato con tessuti pregiati ed addirittura cuscini per renderlo ancora più comodo e confortevole.
Di notte invece quando il bisogno era impellente vi era una situazione più difficoltosa, di solito dato che non si era provvisti di un’illuminazione fissa bisognava muoversi accompagnati da un servitore che indicava la strada con torce o lanterne.
Anche parecchie città erano dotate di latrine comuni cioè pubbliche; erano realizzate sia in legno che pietra e di solito venivano poste lungo i corsi d’acqua o addirittura sui ponti; tale collocazione era dovuta ad una maggiore praticità, maggiore igiene dato che l’acqua in movimento garantiva uno scarico naturale e maggiore controllo.
Nelle case delle persone normali di solito i bagni scarseggiavano ed erano una vera forma di regresso ed arretratezza. I propri bisogni venivano fatti in un vaso o in dei piccoli recipienti ed in seguito, di solito al mattino presto, venivano trasportati sulla loro testa verso il fiume per essere scaricati. Abbiamo testimonianze di dipinti che mostrano le latrine agli estremi dei ponti o sugli argini per essere “più discreti” possibile e più funzionali.
Ancora possiamo asserire che altre latrine dovevano esistere anche presso i molini che bloccavano gli archi laterali dei grandi ponti.
Soltanto le maggiori e più fiorenti città disponevano di case complete di latrine; fino ad almeno la metà del XV secolo solo le ricche dimore potevano godere di un bagno privato. Anche grazie ad una rete fognaria ben progettata era possibile posizionare latrine private. Nelle periferie più recondite ed affollate le strade spesso erano vere e proprie cloache a cielo aperto; vuoi per la mancanza di spazi, vuoi per il sovraffollamento improvviso che hanno subito alcune città dell’epoca, ognuno versava i propri escrementi in spazi pubblici. L’intimità al tempo era percepita diversamente da come la intendiamo noi; poi c’era anche la variabile sociale a seconda se erano altolocati o di bassa istruzione e livello. A volte capitava di condividere tra viciniori il proprio servizio igienico che fungeva anche da momento di conversazione e scambio di battute.
A volte gli escrementi venivano anche gettati dalle finestre tant’ è vero che in particolare in Francia si studió una legge che imponeva agli abitanti delle case di disporre di servizi igienici. Nel 1500 il parlamento Francese dispone la realizzazione di fosse biologiche sotto ogni casa. Con il tempo si susseguiranno nelle città per diversi decenni alcune comunicazione che vietavano di “gettare nelle strade dalle finestre, sporcizie, urina e altre acque infette o corrotte” ma senza risultati decisivi nel breve periodo. Sempre in Francia vengono messe in azione, di notte e nella stagione fredda, alcune squadre per svuotare e pulire le fosse biologiche; insomma una problematica tanto seria quanto molto diffusa scaturita da semplici gesti quotidiani che da sempre e per sempre apparterranno alla natura umana.