Le scuole italiane sono carenti sulla sicurezza antisismica
Legambiente ha presentato il XVII Rapporto Ecosistema Scuola, l’indagine annuale sulla qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado (realizzata su un campione di quasi 6mila scuole dei capoluoghi di provincia) che traccia un quadro poco confortante delle scuole italiane, ancora troppo poco sicure e lontane dagli standard di sostenibilità, se calcoliamo che il 65,1% degli edifici dei comuni capoluoghi è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica (1974) e il 90,4% prima della legge in materia di efficienza energetica (1991). Stando alle ultime stime nazionali, il 30% nelle zone a rischio 1 e 2, il più elevato.
“Le scuole italiane – ha dichiarato Rossella Muroni, presidente di Legambiente – possono e devono diventare un grande cantiere di innovazione diffusa, uscendo così da una situazione di arretratezza e insicurezza, di sprechi in bolletta, per restituire alle città e agli studenti spazi sicuri e adatti a una moderna didattica. Abbiamo deciso di organizzare un Forum sull’edilizia scolastica proprio per mettere queste sfide al centro del dibattito nazionale, coinvolgendo i diversi attori per spingere l’adeguatamento sismico e l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio. Il terremoto di Amatrice, che ha provocato il crollo di un edificio scolastico su cui erano stati realizzati nel 2012 interventi di ristrutturazione per 700mila euro, e il sisma dello scorso 30 ottobre, ci ricordano drammaticamente quanto sia urgente partire da queste due priorità, fissando obiettivi chiari negli interventi, per avere edifici più sicuri e adeguati alle esigenze delle persone che li abiteranno. Per questo chiediamo al Governo di partire subito con un piano di messa in sicurezza di tutte le scuole nelle aree 1 e 2 di rischio sismico”.
La situazione delle scuole italiane
La XVII edizione di Ecosistema Scuola quest’anno amplia il campo della ricerca affiancando all’analisi tradizionale del patrimonio edilizio nelle città capoluogo, una valutazione del quadro degli interventi e dei finanziamenti, per provare a valutare l’efficacia degli strumenti di programmazione e di quelli finanziari messi in atto per dare una risposta all’emergenza strutturale delle nostre scuole. Dall’analisi emerge che il 65,1% delle scuole è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974 e il 90,4% prima della legge in materia di efficienza energetica (1991). Il 40% delle scuole si trova in aree a rischio sismico e il 3% in aree a rischio idrogeologico. Sul fronte della sicurezza antisimica, anche se cresce la percentuale media degli edifici che hanno effettuato verifiche di vulnerabilità sismica, che passa da circa il 25% dello scorso anno al 31%, rimane troppo bassa la media nazionale di quelli costruiti secondo criteri antisismici, meno del 13%. Ancora forti le differenze tra Nord e Sud, i capoluoghi di provincia del sud dichiarano di avere 3 scuole su 4 in aree a rischio sismico e una necessità di interventi di manutenzioni urgenti che è del 58,4%, quasi venti punti percentuali in più della media nazionale. Il nord, invece, mantiene una discreta capacità di investimenti, ad esempio nella manutenzione straordinaria, con 62.807 euro ad edificio, cifre in media 5 volte maggiori delle altre aree del Paese.
L’analisi evidenzia le difficoltà relative ai programmi di finanziamento degli interventi sul patrimonio edilizio scolastico come, ad esempio, scuolesicure, che vede andati a buon fine il 60% degli interventi finanziati, mentre il Fondo protezione civile, destinato all’adeguamento antisismico, vede solo un 35% di interventi conclusi. Ma anche per le misure ancora in corso si riscontrano delle difficoltà, come per mutuibei, indagini diagnostiche e Fondo Kyoto, i cui bandi sono stati soggetti a proroghe per la difficoltà degli enti proprietari degli edifici a candidarsi con progetti di riqualificazione. A parte i fisiologici tempi di realizzazione degli interventi, c’è una diffusa difficoltà da parte degli Enti Locali nel partecipare ai bandi e nella capacità di progettare e realizzare gli interventi. Complessivamente il 71% degli interventi avviati è stato di tipo non strutturale (19.724 interventi) e questo spiega perché non si vedono ancora grandi miglioramenti nella condizione strutturale della nostre scuole.
Tra i nuovi indicatori inseriti quest’anno, si segnalano i dati sulle indagini diagnostiche, gli interventi ai solai delle scuole, la classe energetica degli edifici scolastici e la presenza di reti cablate, per restituire così un quadro ancor più completo. Su 5.861 edifici, il 39,4% necessita di interventi di manutenzione urgenti. Solo il 15,3% delle scuole ha effettuato indagini diagnostiche dei solai mentre il 5,3% ha effettuato interventi di messa in sicurezza. Il 39,6% dispone di reti wi-fi, mentre solo l’8,6% di rete completamente cablata – dato nuovo dell’indagine. I certificati di collaudo statico e di idoneità statica, sono posseduti solo da 1 scuola su 2. Mentre certificazioni fondamentali come quello di agibilità, mancano al 40% delle scuole (nelle Isole all’80%) e di prevenzione incendi a circa il 58% (nelle isole al 73%). Le scuole costruite secondo i criteri della bioedilizia non arrivano all’1% rispetto al campione d’indagine. Sulla partita dell’innovazione e della qualità ambientale, gli interventi proseguono ancora troppo a rilento rispetto ai vantaggi che possono apportare sia in termini di risparmi che di qualità della gestione a lungo termine.
Le scuole che utilizzano fonti di energia rinnovabile sono il 16,6% con il sud che, questa volta, presenta risultati migliori rispetto al Nord e di quasi cinque punti percentuali superiori rispetto alla media nazionale. La Puglia è la regione che utilizza più rinnovabili nelle scuole (66,7%), seguita da Veneto (34,2%), Abruzzo (31,4%), Trentino (30,4%) e Emilia Romagna (30%). Maglia nera per il Molise e la Val d’Aosta, dove in nessuna scuola di Aosta e Campobasso si utilizzano le fonti rinnovabili. Dati positivi arrivano dalla raccolta differenziata: nelle scuole si differenziano soprattutto carta (82,8%), plastica (78,5%), vetro (70,5%) e alluminio (60,6%). In aumento anche la raccolta delle pile che passa dal 55% del 2014 al 58,3% del 2015 e del toner che tocca il 62,5%.
Graduatoria finale
Quest’anno a conquistare il podio della classifica è Piacenza, che spodesta Trento (3°) e primeggia su Parma (2°) grazie a dati di eccellenza legati alla sicurezza, alla riqualificazione degli edifici ma anche alle buone pratiche relative alla mobilità. Piacenza vanta tra l’altro 15 linee di pedibus che coinvolgono 7 scuole cittadine, aree di sosta di fronte le scuole e attraversamenti pedonali. L’87% delle mense scolastiche offrono pasti bio e prodotti di origine controllata come IGP e DOP, la metà degli edifici utilizza energie alternative e il comune di Piacenza vanta una scuola in classe A. Secondo posto in graduatoria per Parma, che torna dopo due anni di assenza dimostrando il suo impegno investendo mediamente per edificio nella manutenzione ordinaria (€ 157.976) e dotando tutte le scuole di certificazioni di collaudo statico, agibilità, prevenzione incendi e impianti elettrici a norma. A seguire nella classifica le due new entry Prato (4º) e Bergamo (5º), e poi Reggio Emilia (6º), particolarmente attenta ai progetti educativi, Pordenone (8º), che usa i fondi che provengono dai risparmi in bolletta e dai conti energia per riqualificare gli edifici scolastici, Verbania (9º), dove negli ultimi 5 anni sono stati eseguiti lavori di manutenzione straordinaria, si fa la raccolta differenziata di tutti i materiali e nell’80% delle mense scolastiche vengono utilizzati pasti bio e Biella (10º) che migliora la classe energetica degli edifici con due terzi degli immobili in classe B e C. Il sud resta sempre in coda, ad eccezione di Chieti (30º), L’Aquila (38°), Napoli (39º) e Lecce (42º) che si posiziono a metà graduatoria.
Rispetto alle grandi città è sempre il nord a confermarsi in testa alla graduatoria di Ecosistema Scuola con Torino (16º), Firenze (19º) e Milano (32º), mentre quelle del Sud si intravedono a partire dalla 39º posizione con Napoli, Venezia (52º) e Bari (60º) posizionate oltre la linea di mezzo. Stabili rispetto allo scorso anno, nella parte bassa della classifica, Genova (71º), Palermo (78º), Reggio Calabria (84º), chiude la graduatoria Messina (86º).