Dagli anni cinquanta ad oggi, l’impatto antropico sulla fascia costiera italiana, proveniente da un elevato numero di attività industriali insediatesi sulla costa e da un aumento dei traffici marittimi, è in continua crescita. Lo sfruttamento a cui tali aree sono sottoposte ha determinato un degrado della zona costiera e della fascia marina antistante. I sedimenti giocano un ruolo fondamentale in quanto bacino recettore finale di tutti i contaminanti in un mare inquinato.
La contaminazione dei sedimenti marini, non provoca soltanto l’inquinamento delle acque, ma comporta anche un rischio per gli ecosistemi e per la salute umana. Tutto ciò a causa della diffusione delle sostanze contaminanti in acqua e del trasferimento di queste ai vari livelli trofici attraverso la catena alimentare. La qualità dei sedimenti è quindi un aspetto fondamentale di cui tener conto se vogliamo avere mari puliti.
Il termine “sedimento”, secondo l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), indica la frazione media e fine (minore di 2 mm) di materiale depositato al fondo di bacini acquatici. I sedimenti sono un’importante componente dell’ecosistema marino. Essi però, costituiscono anche il sito preferenziale in cui si accumulano molte sostanze inquinanti.
Le principali fonti di inquinamento dei sedimenti possono essere: scarichi urbani; scarichi industriali; dilavamento dei terreni agricoli, rappresentato da fertilizzanti ed anticrittogamici; dilavamento delle aree urbane principalmente contaminate da idrocarburi e metalli pesanti; fall out atmosferico. Inoltre, l’estensione dei sistemi portuali e l’incremento del traffico in mare contribuiscono ad aumentare la probabilità di incidenti marittimi, che possono provocare fenomeni di inquinamento marino da sostanze più o meno pericolose.
Nel panorama normativo italiano, valutare la qualità dei sedimenti marini per definire lo stato di salute dei mari (o se un mare è inquinato), fino a pochi anni fa purtroppo non era sufficientemente considerato. I sedimenti, come è ormai chiaro, giocano un ruolo fondamentale per tale stima. L’indagine sui sedimenti marini italiani ha messo in evidenza la presenza di elevate concentrazioni di contaminanti, ascrivibili alle attività antropiche presenti sulla costa. Attualmente, i siti potenzialmente contaminati in attesa di bonifica in Italia sono 12.482 e di questi 58 sono definiti come gravemente inquinati e a elevato rischio sanitario (Siti di Interesse Nazionale – SIN). Alcuni dei principali SIN sono:
In molti casi, i sedimenti marini contaminati sono costituiti da un materiale estremamente fine che li rende impermeabili e, a causa di questa caratteristica, le tecniche di trattamento tradizionali, basate sul lavaggio chimico, non sono applicabili. La tecnica elettrocinetica, invece, fornisce i risultati ottimali proprio in queste condizioni.
La bonifica elettrochimica è una promettente tecnologia di bonifica dei suoli contaminati da sostanze inorganiche, organiche e miste; tale processo prevede che un campo elettrico a corrente continua venga imposto sul suolo per estrarre i contaminanti attraverso meccanismi combinati di elettrosmosi, elettro-migrazione e/o elettroforesi (Shenbagavalli, 2010).
Il campo elettrico viene applicato mediante elettrodi collocati all’interno di pozzetti, inseriti nel sedimento da trattare, e all’interno dei quali viene fatta circolare dell’acqua. Applicando la corrente continua, avviene l’elettrolisi dell’acqua contenuta nei pozzetti, che produce ioni H+ all’anodo e ioni OH– al catodo; il campo elettrico fa migrare questi ioni verso gli elettrodi opposti, modificando così il pH del sedimento. L’acidificazione dei sedimenti, causata dagli ioni H+, aumenta la mobilità dei metalli pesanti che vengono trasportati dal campo elettrico, fino ad entrare nei pozzetti attraversandone le pareti porose, per essere poi rimossi trattando il liquido contenuto nei pozzetti.
La bonifica elettrochimica può estrarre solo contaminanti mobili dal sedimento per cui sono state sviluppate diverse tecniche che permettono di solubilizzare i contaminanti e di tenerli in uno stato chimico mobile; queste tecniche si basano sul cambiamento del pH del sedimento (Yeung, 2011). La tecnologia di bonifica elettrochimica rappresenta, quindi, un approccio interessante, che garantisce elevati livelli di sostenibilità; inoltre, tale trattamento, accoppiato ad altre tecnologie, quali, ad esempio, riduzione/ossidazione, bio-rimedio e barriere reattive permeabili, rende il processo di decontaminazione dei sedimenti marini più efficiente.
Il trattamento di bonifica elettrocinetica è vantaggioso perché agisce su una grande varietà di contaminanti come metalli pesanti, idrocarburi del petrolio (gasolio, benzina, cherosene e oli lubrificanti) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Nonostante il trattamento di bonifica elettrocinetica abbia dimostrato essere un metodo valido per la decontaminazione dei sedimenti marini, presenta le seguenti limitazioni:
Per ovviare a queste limitazioni, si può ricorrere al trattamento elettrochimico accoppiato all’utilizzo di biosurfattanti, ad esempio esteri di zucchero: questa, infatti, può essere una scelta più efficace per gestire la bonifica dei sedimenti marini contaminati, in particolare da mercurio, anche se lo studio riguardante il dosaggio ottimale di biosurfattanti deve essere ancora perfezionato.
A cura di Adriana Montalbano