La ormai nota tragedia del ponte Morandi ha portato alla ribalta un senso di incertezza e addirittura anche un po’ di paura per le infrastrutture presenti in Italia. La pessima situazione di numerosi ponti e viadotti italiani dal punto di vista della manutenzione, della conservazione e in definitiva della sicurezza dei viaggiatori è ormai nota in Italia. Numerosi sono gli accertamenti che in questi mesi sono stati effettuati e vengono fatti su larga scala su ponti e viadotti.
Ebbene, sono già da parecchi anni, che l’invecchiamento delle infrastrutture insieme ad alcuni famosi collassi riguardanti grandi strutture civili hanno sottolineato la necessità di metodi di monitoraggio affidabili. Quest’ultimi saranno in grado di valutare le condizioni delle strutture esistenti e di rilevare tempestivamente l’insorgenza di danni.
Il nostro paese è pieno di vie di comunicazione realizzate 50-60 anni fa e anche più vecchie. La mancanza di adeguata manutenzione ha portato i manufatti a perdere una parte, spesso piccola ma comunque già indicativa, della loro resistenza. Come ben sappiamo il calcestruzzo non è eterno e le strutture hanno una vita utile. Quest’ultimo viene constantemente aggredito da reazioni di degrado chimico che vanno a intaccare direttamente il calcestruzzo. Non solo, ma anche i ferri di armatura, esposti a umidità e acqua possono subire reazioni di carbonatazione (si arrugginiscono) se lo strato di calcestruzzo che li protegge viene via.
Oltre a questi noti fenomeni, ci sono anche quelli che la natura riserva come frane, alluvioni, terremoti, di cui il nostro territorio soffre.
La tecnologia è andata avanti, riusciamo a comunicare tra vari parti del mondo in pochi secondi, riusciamo a muoverci in poco tempo con i potenti mezzi di trasporto disponibili, ma le nostre infrastrutture non sono state adeguate al progresso, all’aumento del traffico e della mobilità, allo scorrere del tempo.
Questa è la madre di tutte le disgrazie, non si puo’ restare fermi mentre il tempo avanza e le cose invecchiano. Non abbiamo piu’ lo stesso cellulare di 10 anni fa. Cosi’ le nostre infrastrutture hanno bisogno di essere migliorate e adeguate ad una realtà ben diversa da quella in cui furono realizzate.
Negli ultimi vent’anni, per fortuna, non è esistita infrastruttura importante del nostro paese che, in corso d’opera, non sia stata adeguatamente sottoposta a monitoraggio attraverso l’installazione di adeguate apparecchiature.
Presenti sul mercato ci sono numerosi tipi di sensori che installati permettono e facilitano l’individuazione di danni così da poter prendere decisioni immediate sul chiudere o meno l’infrastruttura o effettuare riparazioni locali.
Tra gli altri esempi degni di nota tra i vari sistemi di “Structural health monitoring (SHM)” cioè di monitoraggio di salute strutturale troviamo i test dinamici-non-distruttivi, che permetterebbero di analizzare le risposte di dati provenienti dall’analisi delle vibrazioni della struttura. Importante segnalare che si tratta in genere di strumenti di ultima generazione che misurano h24 in modo continuativo: i dati vengono trasmessi ad un data logger, possono essere acquisiti costantemente anche online e dunque il monitoraggio risulta sempre attivo, secondo dopo secondo. L’allarme (ogni strumento può essere tarato su opportune soglie di allerta) risulta dunque immediato e la sicurezza garantita.
È l’ottobre del 2017 quando Spea, società italiana che si occupa di ingegneria e infrastrutture, commissiona al Politecnico di Milano un sistema di sensori per monitorare la tenuta dei piloni del ponte Morandi, che corre sull’A10, a Genova. A richiederlo è la stessa Autostrade per l’Italia.
Il progetto, spiega il Corriere della Sera, viene puntualmente consegnato a novembre dai professori Carmelo Gentile e Antonello Ruccolo, che evidenziano deformazioni non conformi alle attese degli stralli, nonché i cavi che reggono un ponte di tipo “sospeso”. “In presenza di spostamenti della struttura, le informazioni dei sensori sarebbero confluite in un centro di ricerca che elaborava i dati in tempo reale e, in caso, sarebbe scattato l’allarme – spiega così Gentile il piano di lavoro.
Eppure Autostrade rinuncia all’immediatezza dei lavori, posticipandoli fino a raggiungere la tragedia.
“Quel sistema, se attuato e gestito, avrebbe forse salvato qualche vita umana”, dichiara Gentile, professore del Politecnico di Milano.
Gli strumenti dunque non mancano e neppure le capacità tecniche. Il governo si è riempito la bocca con la parola monitoraggio. Speriamo che, però, non si abbandonino tutte le parole dette e le promesse fatte ora che il peggio è passato, ma si svegli un senso morale e un’attenzione particolare per il monitoraggio infrastrutturale e strutturale.