Il dibattito, negli ultimi tempi, infiamma la piazza più che mai: sì al ponte sullo Stretto di Messina. E’ di qualche settimana fa la bozza di decreto che, salvo intese, rilancia la tanto dirimente realizzazione del ponte sullo Stretto. L’opera, coi suoi oltre 3000 metri di luce, diventerebbe così quella con la luce più grande del mondo, strappando il primato ai “soli” 2023 metri del 1915 Çanakkale Bridge. Che, finora, è l’unico ponte al mondo ad aver superato i 2 chilometri di luce, relegando al secondo posto di questa speciale classifica il ponte dello Stretto di Akashi in Giappone, coi suoi 1991 metri.
Tutto ciò senza fare i conti col fantascientifico progetto (che probabilmente supera i confini della realtà stessa) del ponte sullo Stretto di Gibilterra. Il quale arriverebbe (nella sua configurazione più estrema) a luci di 5000 metri, creando un abisso fra sé e lo stesso ponte sullo Stretto di Messina. Tornando coi piedi decisamente per terra, è vicino al completamento il Ponte di Brăila, un altro “peso massimo”, che scavalcherà in territorio rumeno il Danubio.
Senza andare troppo oltre, tutte queste opere hanno un tratto distintivo comune: sono tutti ponti sospesi. Questo particolare schema statico permette la copertura di distanze con luci lunghe e lunghissime, similmente (anche se in misura ancor più marcata) a quanto permesso dai moderni ponti strallati. Andiamo dunque alla scoperta di quest’interessante tipologia strutturale analizzandone tutte le varie sfaccettature che la contraddistinguono.
Il nostro viaggio alla scoperta dei ponti sospesi non può che cominciare ingegneristicamente, ovvero comprendendone i principi strutturali di base. Un ponte sospeso è un tipo di struttura in cui l’impalcato risulta sostenuto da cavi principali sospesi da torri per mezzo di pendini (cavi o barre verticali). I cavi principali possono essere ancoràti al suolo oltre le estremità dell’impalcato o direttamente in corrispondenza di queste ultime. Nel primo caso si parla di ponte ancorato esternamente, nel secondo caso (soluzione meno frequente, come per le “Tre Sorelle” di Pittsburgh) il ponte si dice autoancorato. Nel caso di ancoraggi esterni il peso del ponte viene trasferito a questi e alle torri attraverso i cavi, nel caso di autoancoraggio l’opera si autoequilibra a livello di componenti orizzontali delle forze dei cavi all’interno dell’impalcato.
Mentre cavi e pendini, soggetti a trazione, sono in acciaio, le torri (essenzialmente soggette a pressoflessione e taglio) possono essere realizzate in calcestruzzo armato o acciaio. Per quel che concerne gli impalcati, vista l’importanza delle luci solitamente su queste opere si incorre in problematiche d’instabilità aerodinamica per effetto del vento (si veda il famoso crollo del ponte di Tacoma nel 1940). Ragion per cui si prediligono (anche per una questione di snellezza e peso) impalcati in acciaio di tipo aerodinamico.
Tra i vantaggi dei ponti sospesi ci sono sicuramente la possibilità di poter coprire lunghe distanze senza necessitare di supporti intermedi, la resistenza a forti venti e terremoti grazie al loro design flessibile ma allo stesso tempo solido e la gradevolezza estetica. Per contro, trattandosi di opere d’una certa entità hanno alti costi realizzativi e manutentivi. Inoltre un eventuale danno ai cavi principali potrebbe comprometterne l’integrità strutturale complessiva.
Passiamo ora alle tappe fondamentali che hanno contraddistinto l’evoluzione storica dei ponti sospesi. Vale la pena dire che la storia dei ponti sospesi è probabilmente la più ricca e completa fra tutte le tipologie di ponti, alternando epoche di grande splendore e sviluppo ad altre di contrazione tecnica. Questo per via delle dimensioni, da sempre generalmente maggiori di quelle di altre tipologie strutturali. Ciò ha esposto i ponti sospesi a molti dei più grandi incidenti nella storia dell’ingegneria.
Non si può stabilire con esattezza luogo e periodo d’origine dei ponti sospesi, quel che si sa è che già molte civiltà primitive impiegassero ponti sospesi con corde in fibre naturali per collegare luoghi fra loro. In epoca moderna, invece, si possono individuare quattro differenti generazioni di ponti sospesi:
Analizzati lato ingegneristico e lato storico, chiudiamo la trattazione analizzando l’aspetto costruttivo dei ponti sospesi. Un ponte sospeso, come quello ad arco, è una struttura che resiste grazie alla sua forma. In questo caso si riesce a raggiungere una certa luce grazie ad un meccanismo resistente che funzioni esclusivamente a trazione, evitando grazie alla sua flessibilità l’insorgenza di momenti flettenti. Il cavo è un elemento che non possiede rigidezza flessionale. Pertanto se soggetto a delle forze si disporrà secondo una forma che permetta lo sviluppo di soli sforzi di trazione. Questa è la funicolare del carico, e per questa ragione il sistema cavo principale-pendini-impalcato risulta molto deformabile.
Va da sé, dunque, che per rendere la struttura più rigida si possa intervenire su vari fattori. A seconda del grado di rigidezza flessionale assegnato alla struttura si possono avere ponti sospesi:
Altre soluzioni consistono nello strallare il cavo principale all’impalcato con tiranti radiali o l’impalcato alla torre in due possibili modi. Uno prevede tiranti “positivi” dalla testa della torre (parente del sistema misto strallato-sospeso di Dischinger), l’altro invece tiranti “negativi” dal piede della torre.
Ancora, una soluzione per aumentare la resistenza flessionale laterale dei ponti sospesi (anche se di fatto poco applicata) è stata quella di impiegare un unico cavo principale con pendini a maglia triangolare su piani inclinati verso l’interno.