Il discorso relativo alla sostenibilità è ormai centrale per l’uomo del Terzo Millennio. Si sprecano i congressi, le promesse e le manifestazioni per la salvaguardia del pianeta. Naturalmente, questo discorso va a toccare anche l’edilizia. Cosa sta facendo di concreto l’ambito delle costruzioni in favore della sostenibilità ambientale? Sicuramente un esempio lampante sono gli edifici NZEB o le passive house. La tipologia di questi edifici è certamente nuova nel palcoscenico edilizio, ma sono già abbastanza i suoi rappresentanti. Uno su tutti è sicuramente il Powerhouse Telemark, realizzato a Porsgrunn in Norvegia. Ma ci sono esempi anche in Italia, come il K19B a Milano o anche a Benevento.
Quando parliamo di edifici NZEB sono certamente tanti gli edifici essitenti ad oggi. Uno di questi è certamente il Powerhouse Telemark. Commissionato da R8 Property, la struttura è stata realizzata fra il 2018 ed il 2020, col fine di ospitare degli uffici. La realizzazione è ad opera di Snøhetta, studio internazionale di architettura, architettura del paesaggio e design di interni con sede principale a Oslo e una minore a New York.
Questo imponente complesso è destinato ad ospitare studi ed uffici. Presenta una pianta a forma di diamante. Riesce a concentrare in esso diversi aspetti progettuali e costruttivi. Progettato per la maggior parte sfruttando materiali locali, essi sono stati approvvigionati da fonti posizionate nel raggio di pochi chilometri dal sito. Questo per ridurre al minimo possibile l’impronta di carbonio (Carbon Footprint) generata in fase di costruzione.
Questo edificio inoltre, ha bisogno circa del 70% in meno del quantitativo energetico necessario a sostenere altri edifici di simile natura e dimensione. Tale possibilità è figlia di un attento posizionamento dell’edificio. Esso è infatti posizionato in modo da massimizzare l’esposizione al sole e minimizzare quindi il fabbisogno luminoso. Ma sono altre le caratteristiche che rendolo l’edificio autosufficiente, in ambito energetico: l’utilizzo dei materiali, che rendono l’edificio super isolato, l’utilizzo dell’acqua, che, sistemata in determinate zone dell’edificio e in appositi pozzi geotermici sotterraneiconsente il raffrescamento e riscaldamento dell’edificio stesso.
La caratteristica però, peculiare di tale edificio non è tanto l’auto-produzione di energia, ma il surplus di quest’ultima. Questo è reso possibile dalla sua caratteristica forma a diamante. Infatti ciò consente di avere sul tetto un’ampia superficie (di circa 1.500mq) inclinata a 45° e rivolta a sud-est. Tale superficie è totalmente ricoperta da pannelli fotovoltaici. Essi catturano l’energia del sole e la trasformano in 256.000 kWh/anno di produzione energetica da rimettere in circolo.
Il concetto di edificio nZEB (nearly Zero Energy Building) nasce per dar risposta al tema della sostenibilità e per pensare l’edificio in modo nuovo. Non si parla solo di strutture ex novo, ma anche di riqualifiche a partire dall’esistente. Le strutture da riqualificare hanno bisogno che ha bisogno di un apporto energetico che si avvicina il più possibile allo zero per funzionare correttamente nel suo ciclo di vita.
Gli standard degli edifici nZEB sono alti. Per raggiungerli, è essenziale un’attenta fase di progettazione, considerando tutti i fattori da tenere in conto per far sì che, al contempo, il comfort interno dell’edificio non venga meno. Ad oggi, si è riusciti ad andare anche oltre l’nZEB. Si parla infatti di edifici PEB (Plus Energy Buildings), che riescono addirittura a generare un surplus di energia non utilizzata da mettere in comune, magari, con altri edifici e comunità energetiche. Ne è un esempio molto fortunato la Powerhouse Telemark di Porsgrunn, Norvegia.
Lo studio Snøhetta fonda la sua filosofia sull’etica, sui problemi di deterioramento delle strutture e sullo sviluppo sostenibile, mantenendo il tutto in completa armonia. Questa concezione del pensiero architettonico consente di creare progetti che si adattino alla cultura, al clima e all’ecosistema nel quale andranno ad integrarsi. Un tema rilevante per la loro progettazione è la tradizione scandinava. Esso si focalizza su una stretta relazione tra l’architettura e il paesaggio. Il paesaggio non è più limite, nel senso latino del termine (ovvero confine), ma include naturalmente l’architettura, ha con essa un rapporto organico.
Il concetto di architettura organica si rifà molto alle tematiche di Alvar Aalto, per restare geograficamente vicini allo studio Snøhetta, ma anche a Wright.
Per quanto concerne l’archistar americana, ci si rifà ad una citazione di Kenneth Frampton, storico dell’architettura:
Anche se non ha mai raggiunto una definizione precisa, si può affermare che per Wright [l’architettura organica] corrispondesse alla creazione, economica, di forme e spazi costruiti che rispondessero ai principi più aggiornati della natura, rendendoli manifesti attraverso l’utilizzo della costruzione in calcestruzzo.
Alvar Aalto era invece, la controparte europea dell’architettura organica, imposta il progetto sulla base di parametri nuovi per il suo tempo, spesso trascurati dai sostenitori del funzionalismo ed della mero rapporto forma-funzione: la luce e il calore solare, il raffrescamento naturale, le proprietà acustiche degli spazi, come anche le esigenze degli occupanti.