Shiosai Bridge: alla scoperta del ponte… impossibile!
Chi non ha mai avuto modo di giocare almeno una volta, durante l’infanzia, con Lego, Meccano, Geomag e compagnia bella? Praticamente nessuno, tutti a casa abbiamo avuto almeno una confezione di queste costruzioni giocattolo che ci facevano sentire super ingegneri o archistar di fama mondiale! E ammettiamolo, è successo a tutti di comprare quel set con cui realizzare l’astronave, il castello o la macchina da corsa per poi finire a realizzare tutt’altro.
Così, un po’ spinti dalla curiosità, un po’ dalla fantasia, si finisce per ignorare il libretto d’istruzioni per il montaggio e si assemblano i pezzi secondo logiche libere e soggettive. Con risultati (alla cui base c’è sempre il divertimento) che sfidano le leggi della fisica e dell’ingegneria strutturale!
La transizione dal gioco infantile alla realtà costruttiva, in taluni casi, non è così netta. Esistono infatti strutture, in giro per il mondo, che sono frutto di fervide immaginazioni e che sarebbe difficile persino concepire con i mattoncini giocattolo! Pensiamo ad esempio al Ponte sul fiume Basento (noto anche come ponte dell’Industria), capolavoro del genio ingegneristico di Musmeci (che, fra le sue varie attività, propose una avveniristica soluzione per il Ponte sullo Stretto di Messina negli anni ’60). E’ una delle massime espressioni del concetto di minimo strutturale, grazie alla sua membrana continua in cemento armato a doppia curvatura con cui realizzare sia le arcate delle vaire campate che le pile.
Oggi il protagonista della storia è un altro ponte, altrettanto particolare ma situato in Giappone, lo Shiosai Bridge. Trasferiamoci virtualmente dall’altra parte del mondo per scoprire questa perla dell’ingegneria strutturale.
Ma qual è lo schema statico dello Shiosai Bridge!?
Lo Shiosai Bridge è un ponte ciclopedonale situato nella città di Kakegawa, nella prefettura di Shizuoka, sull’isola di Honshū, la principale del Giappone. Il ponte, completato nel 1994 ed inaugurato l’anno successivo, attraversa il fiume Kakegawa, collegando i lati Nord e Sud dell’omonima città. I visitatori possono accedere al ponte dal parco che lo ospita, che fra le sue splendide aree naturali dispone anche di percorsi pedonali, panchine e giochi. Il parco è popolare tra gli abitanti locali per picnic e altre attività all’aperto. Il termine shiosai in giapponese significa “suono della marea” e vuole evocare la sensazione di essere vicino all’oceano. Il ponte, infatti, offre una vista mozzafiato sul fiume Kakegawa e sull’area circostante, comprese le montagne vicine e lo skyline della città.
Descritto così questo ponte sembra nulla di eccezionale, ma in realtà è una popolare attrazione turistica della zona grazie al suo particolare design. Se aveste la possibilità di vederlo dal vivo, una delle prime domande che vi sorgerebbe spontanea è: “ma come fa questo ponte a stare in piedi?!?”.
Le quattro campate in cemento armato precompresso che lo costituiscono, infatti, sembrano sorreggere precariamente l’impalcato ciclopedonale (lungo complessivamente 232 metri circa e largo 3 metri), dando l’impressione di instabilizzarsi e collassare da un momento all’altro. Inoltre, a prima vista, le “arcate rovesciate” realizzate in cemento armato, per come sono realizzate e collocate, risulterebbero tese. Ma come, il calcestruzzo non era un materiale che ben si presta alla compressione e che, al contrario, mal sopporta la trazione? E poi, quelle colonne con sezione a doppio T danno proprio l’idea di iniziare a dondolare pericolosamente al primo alito di vento…
Scherzi a parte, la struttura è solida e robusta, ora scopriamone lo schema statico!
Alla scoperta dei ponti a nastro teso
Sveliamo finalmente l’arcano: lo Shiosai Bridge è uno dei più famosi ponti a nastro teso (o stressed ribbon bridge). Questa tipologia di ponti, sebbene ricordi vagamente un ponte ad arco con concavità delle campate ribaltata, è più una sorta di ponte sospeso invertito. In questa struttura, i carichi (permanenti e variabili da traffico) vengono trasferiti attraverso gli impalcati alle colonne verticali, a loro volta sostenute dai nastri in acciaio tesi che a loro volta sono sostenuti dalle sottostrutture (pile e spalle). Sostanzialmente, quindi, i cavi di sospensione vengono sostituiti da una rete di nastri paralleli ravvicinati, mentre i pendini vengono sostituiti dalle colonne. I nastri creano un piano continuo e piatto che sostiene il peso dell’impalcato del ponte e il traffico che trasporta.
Il concetto di ponti a nastro teso nasce col Leonel Viera Bridge in Uruguay, il primo ponte di questo tipo mai costruito. Uno dei loro principali vantaggi è il fascino estetico. Poiché il sistema a nastro è più sottile e delicato dei tradizionali cavi di sospensione, questi ponti hanno un aspetto elegante e moderno, particolarmente adatto agli ambienti urbani. Inoltre, l’uso di nastri invece dei cavi consente maggiore flessibilità di progettazione e può portare a una struttura del ponte più leggera ed efficiente. I nastri, disposti geometricamente seguendo una catenaria, vengono inglobati in getti di calcestruzzo per irrigidine la struttura e per proteggerli maggiormente dalla corrosione.
Fra i potenziali inconvenienti di questo tipo d’opera ci sono la suscettibilità alle vibrazioni indotte dal vento e ad altre forme di carico dinamico rispetto ai tradizionali cavi di sospensione. La rigidezza dello Shiosai Bridge è stata incrementata mediante collegamenti elastici con appoggi orizzontali in neoprene installati tra le estremità dell’impalcato e le spalle.
I più importanti ponti a nastro teso nel mondo
Oltre allo Shiosai Bridge, sono parecchi gli esempi mondiali di ponte a nastro teso. Uno è il già citato Leonel Viera Bridge, considerato il capostipite di questa particolare tipologia strutturale. L’ingegnoso ed innovativo progetto e la successiva costruzione del ponte portarono Viera (che studiò ingegneria civile ma non si laureò mai) alla fama nazionale. Egli ha aperto la strada alla sequenza di costruzione ora tipica dei ponti a segmenti in calcestruzzo di questo tipo. Dopo il posizionamento dei cavi principali, fece posizionare delle lastre prefabbricate in calcestruzzo per formare la struttura iniziale. I cavi vennero quindi precompressi caricando sacchi di sabbia sulle tegole, seguiti dalla cementificazione finale degli spazi tra le lastre. La rimozione dei sacchi di sabbia sollecitò quindi in modo compressivo la struttura in calcestruzzo, migliorandone la rigidità e la durabilità sotto carico.
Altro importante ponte a nastro teso è il Rio Colorado Bridge in Costa Rica, che con la sua luce di 146 metri è il più grande del mondo di questo tipo. Progettato da TYLin Interntional e completato nel 1974, il ponte è stato costruito in più fasi. I supporti inclinati in cemento sono stati costruiti verticalmente prima di essere inclinati verso l’esterno sulla gola e trattenuti da cavi di sospensione ancorati. Le piattaforme prefabbricate sono state quindi sospese tra due serie di cavi di supporto principali. Una volta completata la campata sospesa principale, le colonne verticali sono state costruite fino al livello dell’impalcato prima che le travi dell’impalcato venissero poi abbassate in posizione tramite la linea alta.
Insomma, il mondo dei ponti a nastro teso si presta bene a concetti e realizzazioni molto varie e particolari, alcune delle quali inevitabilmente portano a chiedersi come queste facciano a stare in piedi!