Il futuro dello stadio San Siro resta incerto: tra proposte contrastanti di Inter e Milan e pressioni politiche, il Meazza attende un’idea.
«La sede ufficiale per la cerimonia di apertura dei Giochi invernali di Milano-Cortina 2026 sarà San Siro. E spero che San Siro nel 2026 sarà ancora lì». Era il 2019 e il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, esprimeva così il suo augurio per il futuro del Meazza. Guardando al 2024, però, lo scenario è più incerto che mai. Nonostante le promesse e i dibattiti, San Siro rimane senza un progetto definito.
La possibilità di vederlo sostituito da un nuovo impianto sembra sfumare in un susseguirsi di dichiarazioni, passi indietro e ripensamenti.L’ultima novità è arrivata con la “manifestazione d’interesse” presentata da Inter e Milan al Comune di Milano, un passo che sembra rimettere in discussione il progetto originale del 2019-2021. L’idea è che i club possano acquisire l’area del Meazza per 197 milioni di euro, prezzo stimato dall’Agenzia delle Entrate.
Tuttavia, si tratta di un passaggio non vincolante: i due club restano con i piedi in due scarpe, sondando progetti alternativi e mantenendo aperte tutte le possibilità. Da un lato, l’Inter continua a esplorare la possibilità di uno stadio a Rozzano, nell’area di Nuova Milanofiori, dove ha già versato un milione di euro per il diritto di esclusiva per uno studio di fattibilità.
Dall’altro, il Milan sembra indeciso tra la prospettiva di costruire un nuovo stadio a San Siro insieme all’Inter e la realizzazione di un impianto a San Donato, opzione su cui aveva già fatto significativi investimenti, acquistando terreni e avviando i primi passi burocratici. I due club si trovano così a giocare su più fronti, senza prendere una direzione definitiva.Il Milan, in particolare, ha già compiuto passi concreti verso la costruzione di uno stadio a San Donato, con un progetto curato dallo studio Manica Architecture per un impianto da 70.000 posti. Questo rende difficile un dietrofront, complicato anche dalla pressione politica e dalle aspettative del territorio. Tuttavia, l’eventuale possibilità di acquisire l’area del Meazza resta un’opzione seducente per entrambi i club, spingendo l’Inter a monitorare le mosse del Milan prima di esporsi ulteriormente.
Le opzioni in gioco sono fondamentalmente due: la costruzione di un nuovo stadio condiviso nell’area del Meazza, integrando una porzione del vecchio impianto in un progetto di parco pubblico, oppure la costruzione di due stadi separati, lasciando il Meazza in gestione al Comune. Entrambi gli scenari presentano sfide complesse, dal punto di vista economico, logistico e simbolico. La mancanza di una soluzione definitiva ha reso il dibattito su San Siro un esercizio frustrante e spesso inconcludente, segnato da anni di proposte e smentite.
Il dibattito si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà nel gestire le infrastrutture sportive a Milano. Anche altre realtà minori, come il caso dell’Alcione in Serie C, evidenziano le difficoltà di trovare soluzioni adeguate per gli impianti sportivi in città. La questione di San Siro, però, ha assunto proporzioni ben più grandi, polarizzando opinioni e diventando un tema di contesa politica e sociale.
San Siro, con la sua capacità di 75.817 spettatori, è uno stadio iconico, un simbolo della città e della storia del calcio italiano. La sua struttura, che nel dopoguerra raggiunse una capienza massima di 100.000 persone con il secondo anello, è a un passo dal vincolo storico-architettonico. A giugno 2025, questo vincolo potrebbe complicare ulteriormente la situazione, rendendo ancora più difficile decidere il destino del Meazza.
Che si tratti di ristrutturare, ricostruire o abbandonare San Siro, è chiaro che serva una decisione definitiva, condivisa e pensata per il bene della città e dei club. Dopo anni di promesse, rinvii e discussioni infinite, è il momento di un progetto concreto che rispetti la storia, guardi al futuro e soddisfi le esigenze di tutti. I tifosi, i cittadini e gli appassionati di calcio meritano di sapere cosa ne sarà di uno degli stadi più iconici d’Italia.