Nella storia dei ponti, il 1781 è un anno di fondamentale importanza dal punto di vista del progresso tecnologico. Viene infatti iniziata la costruzione del primo ponte in ghisa in occidente, il Coalbrookdale (anche noto come Iron Bridge) sul fiume Severn, in Inghilterra. L’impiego della ghisa prima e del ferro poi comportò una radicale trasformazione nelle costruzioni in genere e nei ponti in particolare. Le potenzialità che questo materiale consentiva erano, infatti, di gran lunga maggiori di quelle dei materiali conosciuti ed impiegati fino ad allora. Ciò condusse ad uno sviluppo molto rapido delle costruzioni metalliche, che ben presto superarono per dimensioni tutte quelle costruite in precedenza.
Basti solo pensare che fra l’Iron Bridge (ponte ad arco di luce pari a 30 metri, come detto capostipite dei ponti metallici) ed il massivo Forth Bridge (coi suoi 521 metri delle due campate centrali) trascorse solo poco più di un secolo! 111 anni per l’esattezza, dato che il capolavoro scozzese risale al 1890. Oggi, oltre duecento anni dopo la costruzione dell’Iron Bridge, i ponti metallici si confermano come quelli con cui poter superare luci grandi e grandissime (il Ponte sullo Stretto di Messina sarà realizzato proprio in acciaio). Chiaramente, il materiale oggi impiegato non è analogo alla ghisa o al ferro battuto di allora, poiché anche anche questo ha subìto una significativa evoluzione tecnologica.
Tralasciando in questa sede le strutture in acciaio di moderna concezione (quali i ponti strallati o i ponti sospesi), focalizziamo l’attenzione sulle tipologie strutturali che hanno fatto la storia del secolo scorso. Stiamo parlando delle travate reticolari in acciaio, contraddistinte da un lato da leggerezza e dall’altro da resistenza e da una grande variabilità di schemi statici adottabili.
Da quando il ferro ha preso piede come materiale da costruzione, sono subito saltati all’occhio i vantaggi rispetto agli altri materiali precedentemente impiegati. Rispetto ai materiali lapidei di più frequente impiego (muratura e calcestruzzo su tutti), l’acciaio presenta infatti in primis un modulo di elasticità molto superiore. Ciò comporta, a parità di sforzo applicato, una deformazione molto inferiore rispetto ai materiali sopra citati. Inoltre, aspetto assolutamente da non sottovalutare, il ferro (nonchè l’attuale acciaio strutturale) presenta un legame costitutivo simmetrico a trazione e a compressione. Differendo molto dai legami costitutivi di muratura e calcestruzzo, ben resistenti a compressione ma generalmente carenti se sollecitati a trazione.
Conseguentemente, si può sfruttare questo materiale in elementi di sezione ridotta (quindi leggeri) sfruttandone tanto la resistenza a compressione che quella a trazione. Ecco la ricetta di questa tipologia strutturale! Una travata reticolare è un tipo di struttura costituita da più elementi interconnessi disposti secondo uno schema che sfrutta la triangolazione degli stessi. Le travate reticolari sono comunemente utilizzate nell’ingegneria per supportare carichi pesanti su lunghe campate. I singoli elementi, come barre o aste, sono collegati alle loro estremità (con vincoli interni materializzabili come cerniere) per formare un’ossatura stabile e rigida.
Le travate reticolari offrono numerosi vantaggi strutturali, tra cui spiccano l’elevato rapporto resistenza-peso, la capacità di coprire lunghe distanze senza supporti intermedi e l’economicità costruttiva. Gli elementi che le caratterizzano (salvo i pesi propri degli stessi, solitamente di entità ridotta viste le sezioni compatte impiegate) risultano sollecitati solamente da sforzi assiali (come detto, trazione o compressione), ottimizzandone quindi il calcolo. Tuttavia, presentano anche limitazioni, come la necessità di un’attenta progettazione e analisi per garantire la stabilità strutturale (in special modo quella per carico di punta).
Le travate reticolari si prestano a numerose declinazioni strutturali, le più famose delle quali risultano essere:
Affinchè i vari elementi strutturali possano lavorare sinergicamente fra loro, è fondamentale che i loro collegamenti siano progettati e realizzati in maniera tale da assolvere pienamente alla funzione richiesta. Entra quindi in gioco l’affascinante (nonché complesso) mondo delle connessioni degli elementi metallici costituenti le travate reticolari. Queste connessioni sono fondamentali per la stabilità e le prestazioni complessive delle strutture in acciaio e svolgono un ruolo cruciale nel garantire che la struttura sia sicura e possa resistere a vari carichi e forze.
Esistono diversi tipi di connessioni in acciaio utilizzate nella costruzione delle strutture metalliche. Sostanzialmente si hanno le connessioni chiodate, le connessioni bullonate e le connessioni saldate. Ogni tipo di connessione ha i suoi vantaggi e svantaggi e la scelta del tipo di connessione dipenderà da vari fattori, come la capacità di carico, i requisiti strutturali e il metodo di costruzione.
Le unioni chiodate, comunemente utilizzate in passato, ora sono state progressivamente abbandonate a causa dei costi e della crescente popolarità delle connessioni bullonate e saldate. Questo tipo di unione veniva realizzato fondendo le teste di perni metallici contro le membrature degli elementi da unire, offrendo un’eccellente capacità di carico e stabilità.
Le unioni bullonate sono comunemente utilizzate nelle strutture in acciaio e sono generalmente preferite rispetto alle connessioni saldate in situazioni in cui può essere necessario lo smontaggio. Le connessioni bullonate sono facili da installare e consentono di apportare modifiche durante il processo di costruzione.
Le unioni saldate (usate nelle Vierendeel), invece, sono connessioni permanenti che offrono anch’esse un’ottima capacità di carico e stabilità strutturale. La saldatura richiede attrezzature specializzate e saldatori qualificati e il processo richiede molto tempo e denaro. E’ infatti un’operazione non affetta da difettosità esecutive di varia natura, pertanto alquanto complessa.
Chiudiamo il quadro con gli apparecchi d’appoggio. Stiamo parlando dei dispositivi di vincolo coi quali trasmettere le azioni orizzontali e verticali dall’impalcato alle sottostrutture (spalle o pile), consentendo al contempo gli spostamenti e le rotazioni alla struttura così come progettualmente stabilito.
Se state pensando ai moderni apparecchi d’appoggio in elastomero armato o a quelli a nucleo confinato, sappiate che siete abbastanza fuori strada. Rimanendo in continuità con quanto visto finora, anche gli apparecchi d’appoggio delle travate sono totalmente realizzati in metallo. Questi sono dei veri e propri pezzi d’arte, realizzati generalmente in acciaio fuso a partire da uno stampo negativo degli stessi.
Così come abbiamo avuto modo di vedere per tipologie di schemi statici e modalità di connessione fra i vari elementi metallici, anche gli apparecchi d’appoggio delle travate reticolari sono solitamente ascrivibili a delle ben precise categorie. Nella fattispecie queste sono due, ovvero:
Vale la pena, prima di esaurire l’argomento, di spendere qualche parola su quelle tipologie di travate metalliche che non rientrino nel gruppo delle reticolari. Sono, pertanto, quelle strutture in cui gli elementi principali non lavorano prevalentemente a livello assiale (risultando quindi tesi o compressi) ma che risultano comunque costituite da elementi metallici uniti fra loro mediante bulloni, chiodi o saldature. Queste tipologie di schemi statici si ritrovano sovente a livello ferroviario, e fra le varie possibili le più frequenti sono:
Per le travate a via inferiore il concetto è il medesimo, cambiando solamente la quota della via di corsa rispetto a quella dell’impalcato.
Alle volte sulle travi trasversali delle travate a parete piena a via inferiore è posto un cassone in acciaio nervato per il contenimento del ballast.