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Una tavoletta di argilla molto antica rimane ancora oggi un enigma

Un archeologo a lavoro (Pixabay)

Un archeologo a lavoro (Pixabay FOTO) - www.buildingcue.it

Un mistero che resiste nel tempo: un’antica tavoletta d’argilla. A cosa serviva? Vi sveleremo qualcosa di straordinario.

Le tavolette di argilla, risalenti a migliaia di anni fa, rappresentano una delle più affascinanti e preziose scoperte dell’archeologia. Questi antichi reperti, realizzati principalmente in Mesopotamia, sono state utilizzate dalle prime civiltà per registrare informazioni, raccontare storie, conservare leggi e documentare transazioni commerciali. Le tavolette di argilla non solo ci offrono uno sguardo diretto sulle vite e le culture delle popolazioni passate, ma fungono anche da importanti testimonianze della nascita della scrittura e della comunicazione.

Le più antiche tavolette di argilla conosciute sono datate attorno al 3200 a.C. e provengono dalla regione della Sumeria, dove la scrittura cuneiforme veniva utilizzata per registrare dati economici, mitologie e atti giuridici. Questi documenti, spesso incisi con strumenti appuntiti, ci parlano di pratiche quotidiane, relazioni sociali e credenze religiose.

Nonostante il tempo e le condizioni ambientali avverse, molte di queste tavolette sono sopravvissute, rimanendo intatte o parzialmente danneggiate. La loro scoperta continua a rivelare nuove informazioni, alimentando dibattiti e ricerche nel campo dell’archeologia e della storia. Ogni tavoletta rappresenta un enigma, un pezzo di un puzzle che può svelare non solo il passato di una singola civiltà, ma anche il nostro stesso cammino evolutivo e culturale.

Il mistero del Disco di Festo

La scrittura di un antico disco di argilla è rimasta irrisolta per oltre un secolo. Il Disco di Festo, rinvenuto nel 1908, è un reperto archeologico che continua a suscitare domande e dibattiti tra studiosi e appassionati. Scoperto a sud di Creta, questo disco è decorato con simboli misteriosi e ignoti, rendendolo uno dei più affascinanti enigmi dell’archeologia moderna.

Il 3 luglio 1908, l’archeologo italiano Federico Halbherr e il suo allievo Luigi Pernier, durante gli scavi nel sito di un palazzo minoico a Festo, trovarono un deposito sotterraneo tra le rovine. Tra le ossa e le ceneri carbonizzate, Pernier scoprì un disco di argilla marrone, che racchiudeva un messaggio impresso con una tecnica simile alla tipografia. Con un diametro di 16,5 centimetri, il disco presenta su entrambi i lati una spirale di simboli, le cui origini e significati rimangono avvolti nel mistero.

Nonostante i numerosi tentativi di decifrare l’iscrizione a spirale, il messaggio continua a sfuggire agli studiosi. Il disco, oggi custodito nel Museo archeologico di Heraklion, ha alimentato numerose teorie sul suo utilizzo, variando da un antico calendario lunisolare a un gioco simile a “Scale e serpenti”.

Fotografia del Disco di Festo (Florence Scala)
Fotografia del Disco di Festo (Florence Scala FOTO) – www.buildingcue.it

Qual era il suo significato

Le interpretazioni del Disco di Festo sono numerose e variegate. Alcuni studiosi ipotizzano che possa rappresentare un inno religioso o una sorta di documento commerciale. Tuttavia, altre teorie sembrano più fantasiose, come l’idea che il disco sia una reliquia di Atlantide o una mappa del labirinto del Minotauro. Questo oggetto ci offre uno sguardo sulla società minoica, una civiltà dell’Età del bronzo, ricca di commerci e arte, attiva tra il 1800 e il 1600 a.C.

L’autenticità del disco è stata messa in discussione nel tempo, ma le prove archeologiche indicano che si tratta di un reperto autentico. Trovato insieme a una tavoletta in scrittura lineare A, presenta anche segni di correzione che suggeriscono un uso pratico e non una semplice falsificazione.

L’iscrizione del Disco di Festo è composta da 45 segni figurativi ripetuti in una sequenza di 241 o 242 caratteri disposti in forma di spirale. Le immagini rappresentano elementi della vita quotidiana, come uomini, animali e piante, e potrebbero riflettere il contesto storico dell’epoca. Gli studiosi credono che i segni appartengano a un sistema di scrittura sillabica, simile ai geroglifici cretesi.

La brevità dell’iscrizione suggerisce l’esistenza di un sistema di scrittura più ampio, con la possibilità che il disco contenga frasi ripetute o elementi poetici. Negli anni recenti, tentativi di decifrazione hanno proposto collegamenti con lingue indoeuropee o proto-georgiane, ma nessuna di queste teorie ha ottenuto un riconoscimento ufficiale.

L’interesse per la decifrazione del Disco di Festo rimane vivo, ma senza la scoperta di un reperto comparabile alla Stele di Rosetta, il significato di questo disco continua a restare un enigma. Nonostante i secoli trascorsi dalla sua scoperta, il disco non ha ancora rivelato i suoi segreti, mantenendo viva la curiosità di studiosi e appassionati di archeologia. La ricerca continua, sperando che un giorno si possa finalmente svelare il mistero che circonda questo straordinario pezzo di storia antica.