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L’Egitto sta costruendo due autostrade tra le piramidi

L’Egitto e la sua politica edilizia continua a far parlare di se in giro per il mondo. Dopo le immagini virali del ponte costruito a pochi centimetri dai balconi a Il Cairo, il Guardian rilancia una notizia che ha già acceso un fermo dibattito. Sono in costruzione infatti due autostrade che attraverseranno le piramidi nell’altopiano di Giza, appena fuori Il Cairo. Si tratta in realtà del rilancio di un progetto di espansione già iniziato negli anni ’80, sospeso negli anni ’90 a seguito di una protesta internazionale. Le piramidi di Giza sono infatti patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1979.

Il governo egiziano però ora ci riprova nuovamente. L’obiettivo da parte del discusso presidente Abdel Fatah al-Sisi è quello di alleviare la pressione demografica de Il Cairo costruendo una nuova capitale a 20 km di distanza. E per fare questo le due autostrade rappresentano uno dei tasselli più importanti del progetto. Peccato che, come sempre, la soluzione non sia sempre quella più adatta.

Il progetto delle autostrade fra le piramidi

Le due autostrade sorgeranno in punti diversi dell’altopiano. L’autostrada settentrionale attraverserà il deserto 2,5 km a sud delle Grandi Piramidi di Giza, una delle più grandi attrazioni mondiali, meta di milioni di turisti ogni anno. Mentre l’autostrada meridionale sorgerà a Saqqarah, tra la piramide di Djoser e l’area di Dahshur, dove sorgono la piramide Romboidale e la piramide Rossa.

Come è facile aspettarsi non si hanno a disposizione dettagli progettuali, perché tutto viene tenuto segreto e fuori dalla vista del pubblico. In soccorso però arrivano le immagini visibili su Google Earth, che mostrano come effettivamente qualcosa di importante sia un costruzione nella zona di Saqqarah.

Su Google Earth è visibile quella che sembra essere un’autostrada in costruzione dell’area di Saqquarah.

E’ possibile infatti scorgere quella che sembra la costruzione dell’autostrada meridionale, facilmente notabile dall’interruzione del tracciato. Come rilanciato anche da alcuni egittologi, l’autostrada dovrebbe essere larga circa otto corsie, con la costruzione che dovrebbe essere ricominciata più di un anno fa. Maggiori dubbi ci sono invece sulla collocazione dell’autostrada settentrionale, quella più vicina alle Piramidi di Giza. In quella zona infatti non è ben visibile un cantiere in corso, date anche le diverse strade non asfaltate ma praticabili che attraversano l’altopiano.

Le critiche urbanistiche e ambientali

Non appena la notizia è stata rilanciata, sono piovute critiche incessanti da parte di egittologi, ambientalisti e archeologi. Secondo queste fonti le autostrade interromperanno l’integrità dell’altopiano delle piramidi, con la conseguenza di pavimentare con tonnellate di cemento siti archeologici ancora inesplorati. Ma sopratutto l’elevato traffico potrà generare un livello di inquinamento tale da corrodere nel tempo i monumenti, producendo rifiuti ed esponendo al saccheggio aree ancora inesplorate.

Le autorità dal canto loro affermano con certezza che le autostrade saranno costruite con cura. Secondo loro si tratta di un’infrastruttura necessaria per migliorare i collegamenti di trasporto e decongestionare il centro de Il Cairo. Difficile però che il traffico di una città di 20 milioni di abitanti possa non incidere su un ecosistema pressoché immacolato come quello dell’altopiano di Giza.

Il tentativo degli anni ’80

L’idea di una grande autostrada che attraversasse le regioni amministrative de Il Cairo non è nuova al governo egiziano. Ci sono stati infatti tre piani regolatori per lo sviluppo urbano della città, nel 1956, 1970 e 1983. E proprio l’ultimo in ordine di tempo, approvato dal governo di Hosni Mubarak in collaborazione con la Francia, prevedeva la realizzazione di una tangenziale lunga 73 km. Quest’opera però è rimasta incompiuta perché parte dell’infrastruttura passava troppo vicino alle Piramidi di Giza, area dichiarata patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1979.

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Fu il quotidiano britannico The Indipendent, nel 1994, a lanciare l’allarme che la costruzione avrebbe probabilmente distrutto antichi siti di sepoltura. Così l’UNESCO fece pressioni sul governo egiziano affinché la costruzione venisse interrotta, riuscendoci nel 1995. Ora però la storia si ripete, con i macchinari che sono tornati all’opera dopo il lockdown, che a Il Cairo ha creato una crisi senza precedenti. Basterà questa volta la sola denuncia di un giornale a fermare quest’opera?

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Massimiliano Russo