Ce lo chiede l’Europa, direttiva “Case green”
Che l’efficientamento energetico sia importante e necessario è cosa risaputa, ed è anche ben noto che l’Italia si torva in una posizione svantaggiata e sistematicamente più difficile rispetto ad altre Nazioni vicine; pur facendo le dovute premesse è anche vero che delle scadenze così ravvicinate, della cosiddetta direttiva “case green”, e impellenti non fanno altro che nuocere alla macchina edile del paese. Non è possibile intervenire drasticamente senza agire sul sistema totale, è necessario creare una rete più efficiente che porti gradualmente ad un cambiamento sostanziale. Bisogna partire dalle fondamenta per arrivare agli ultimi piani.
IL CNI (Consiglio Nazionale Ingegneri) vorrebbe dilatare le scadenze ed avere un piano programmatico per suddetti interventi di efficientamento degli edifici. La bozza di revisione della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici residenziali è il prossimo 9 febbraio 2023 all’esame della Commissione energia del Parlamento europeo; l’Italia deve essere pronta a controbattere per questa data.
Anche ANCE (Associazione nazionale dei costruttori) fa una nota di richiamo: Il Presidente Federica Brancaccio è in accordo con il CNI, il provvedimento è da rivedere, i tempi sono troppo brevi e le direttive sono eccessivamente stringenti. Inoltre afferma che con il blocco dei crediti, le incertezze sui bonus e le continue modifiche normative è difficile centrare gli obiettivi prefissati dalla direttiva Ue.
Quali sono i punti chiave della direttiva
Le scadenze della Direttiva Europea ” case green”sono abbastanza stringenti ed esigenti. Le date sembrano lontane ma in effetti sono troppo imminenti in rapporto all’effetto che devono generare.
Dal 2028 gli edifici nuovi, si intende quelli di proprietà degli enti pubblici, dovranno essere a zero emissioni, quindi non devono produrre anidride carbonica e devono essere autosufficienti dal punto di vista energetico. Dal 2030 invece toccherà a tutti gli edifici nuovi. Per quanto riguarda il costruito già esistente le norme introdotte sono di “ minima prestazione energetica”, il che vuol dire che bisogna garantire un minimo di efficienza ed un massimo di dispendio di anidride carbonica. Per gli edifici esistenti non residenziali sono fissate delle soglie massime di prestazione energetica, sono basate sul consumo di energia primaria; le soglie sono:
Le specifiche della prima soglia riguardano edifici non residenziali con consumo di energia primaria al di sotto del 15%.
La seconda soglia invece è fissata per gli edifici che consumano energia primaria al di sotto del 25%.
Più precisamente si è chiarito che gli edifici residenziali e le unità immobiliari devono raggiungere almeno la classe energetica E, scadenza fissata al primo gennaio 2030; successivamente la classe minima da raggiungere è la D, ma questa volta entro il primo gennaio 2033.
Alcune dichiarazioni del CNI
Il nuovo Presidente del CNI Angelo Domenico Perrini è stato chiaro:
“Vanno ridiscussi i tempi di attuazione della Direttiva. Il Paese proponga in sede europea un piano circostanziato sulle modalità, sui costi effettivi da sostenere, sul numero esatto di edifici da risanare, sugli edifici che richiedono interventi più urgenti”. La proposta degli ingegneri è la “rilevazione estensiva APE per quantificare con esattezza il grado di dispersione termica degli edifici ed identificare aree più critiche e meno critiche. Risanare il patrimonio edilizio, se fatto con criterio e con competenza, genera valore per il sistema-Paese”.
Secondo uno studio condotto dal CNI si stima che gli investimenti in Superbonus 110%, sono pari a 46,2 miliardi di euro spesi nel 2022, i suddetti hanno inciso sulla quota nazionale dell’1,4% del Pil del 2021. Mentre soltanto la produzione diretta attivata dal Superbonus 110% nel 2022 si stima pesi per almeno il 3,4% del Pil nazionale.
La posizione dell’ Ance
La riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano è iniziata già da tempo e senza nessun dictat extra nazionale. Grazie al Superbonus 110% si è iniziato ad educare e sensibilizzare tutte le parti chiamate in causa, aziende, imprese e committenze. Purtroppo però di punto in bianco la Direttiva Europea rischia di creare difficoltà di manovra e gestione. Il territorio va gestito da chi lo vive, lo abita e ne conosce le caratteristiche. Nessuno conosce meglio i propri territori; d’altronde il caso Italia fa davvero eccezione essendo una Nazione vasta, eterogenea, e con una grandissima varietà di scenari possibili.
Anche Ance ha le sue stime nazionali; in Italia su 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni risultano particolarmente inquinanti, non solo, i suddetti non sono in grado di garantire le performance energetiche richieste. In una nota chiarisce Brancaccio:
“Un cambiamento difficilmente sanabile” secondo la Presidente dei Costruttori; è necessario mettere in atto una politica industriale di ampio respiro, “con incentivi mirati a coinvolgere la più ampia platea possibile”. Un altro punto discutibile concerne l’introduzione del nuovo parametro di calcolo della prestazione energetica degli edifici. Non sarà più valutato solo il fabbisogno energetico ma anche il consumo dell’energia. “Sarebbe opportuno per Ance mantenere un approccio legato al fabbisogno del fabbricato”.
Come risolvere la questione “case green”
L’Italia come sistema paese non ha da invidiare nulla alle grandi super potenze mondiali. Statistiche e dati, ma anche la storia che da conferma, l’Italia può vantare di tecniche, tecnici e manodopera super qualificata, maestranze che eseguono ogni tipo di lavoro i n ogni tipologia di condizione. Il grosso vantaggio dell’Italia è la competenza, la conoscenza e la professionalità. Ampiamente le grandi aziende italiane ed i grandi progettisti lavorano in tutto il mondo con apprezzamenti e riconoscimenti assoluti. Non solo questo curriculum l’Italia può vantare ma anche esperienza già avviata per quanto riguarda l’efficientamento e la riammodernizzazione del patrimonio edilizio in termini di sostenibilità ecologica.
“non siamo dunque all’anno zero in termini di recupero ed efficientamento energetico degli edifici” dichiara ancora il CNI. Ora bisogna compiere un ulteriore passo: “Capire quanto tempo è necessario per portare il patrimonio edilizio almeno nella Classe energetica D”. Elaborando un piano nazionale di intervento. “I tempi non possono essere quelli così stringenti che l’UE ha in animo di dettare, ma occorre anche definire rapidamente delle controproposte credibili”. Per i vertici degli Ingegneri “non è più il tempo di affrontare questi interventi all’insegna dell’improvvisazione, anche in termini di analisi di impatto che queste politiche generano. Né possiamo solo rispondere no all’UE per realizzare ciò di cui il nostro stesso Paese ha bisogno”.