Nella notte in cui anche a Genova arrivava la stretta del decreto anti-contagio, i lavori nel cantiere del nuovo Ponte non si sono fermati. Anche grazie al “Modello Ponte Morandi“. Ed è proprio in questo momento storico così importante che la mattina del 10 Marzo si è concluso il sollevamento della nuova campata da 100 metri, quella che scavalca il torrente. Sullo skyline della Val Polcevera i genovesi possono ora vedere oltre la metà dell’intera opera, per un totale di 650 metri. Ma quale sarà il futuro delle opere pubbliche in costruzione, dopo l‘emergenza per l’epidemia da Coronavirus?
Prosegue senza sosta la ricostruzione del nuovo ponte per Genova. Il ponte è crollato il 14 Agosto del 2018 e si demolirono i resti qualche mese dopo (come detto qui). Ad oggi i lavori sono giunti alla metà della realizzazione della struttura (di cui abbiamo già parlato qui). Proprio dopo l’estensione di tutta l’Italia a zona rossa, i macchinari hanno completato il sollevamento della campata sul torrente Polcevera.
Le dimensioni della struttura in acciaio hanno richiesto l’utilizzo di speciali apparecchiature chiamati strand jack, capaci di garantire la salita della maxi-campata di 5 metri all’ora. Si sono dovute effettuare anche particolari operazioni preparatorie, dovute al peculiare posizionamento dell’impalcato sopra il letto del torrente, riempito dalla pioggia degli ultimi giorni. La direzione dei lavori si è espressa sull’emergenza Coronavirus, specificando: “Potremmo definire misure preventive da adottare già nelle prossime ore, ma abbiamo forza lavoro, macchine e mezzi per andare avanti e continuare secondo i programmi”.
Si discute molto, oltre che sulla situazione sanitaria, anche su quella socio-economica e di come si muoverà il paese dopo l’emergenza Coronavirus. Per i lavori pubblici si è vagliata l’ipotesi di seguire la falsa riga dei provvedimenti attuati per i lavori del nuovo Ponte Morandi, ovvero il cosiddetto Modello Ponte Morandi. Questo modello consiste nell’applicare modalità che deroghino alla normativa vigente le opere pubbliche ritenute strategiche. Questa metodologia è stata applicata con successo ai lavori del nuovo ponte, snellendo sensibilmente i tempi di realizzazione, ma aprendo enormi lacerazioni nel diritto. Analizziamo, dunque, i due fattori di questo modello, che rivelano pregi e difetti di applicazione.
La prima proposta è di Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che si è pronunciato rispetto ad uno snellimento procedurale al fine di velocizzare i lavori per le opere pubbliche nel Paese. Questo provvedimento ha assunto in nome di “Italia Shock”. Queste misure sono le medesime adottate per i lavori del nuovo Ponte Morandi. Nella pratica si tratta di derogare le opere pubbliche di rilevanza nazionale al Codice degli Appalti e di nominare dei commissari che dirigano tutte le fasi della realizzazione, dalla progettazione all’esecuzione. Della stessa idea è il presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, il quale si è espresso favorevolmente nei confronti del cosiddetto “Modello ponte Morandi”. Ma bisogna attentamente valutare questi due aspetti che, seppur risolutivi, celano delle enormi pecche.
L’obiettivo primario del nuovo Codice degli Appalti del 2016, in sostituzione di quello del 2006, era quello di dare un forte segnale contro la corruzione. Doveva garantire la trasparenza delle procedure, snellendo le procedure e favorendo anche le medio-piccole imprese ed i liberi professionisti. Ciononostante il documento è risultato frammentato, farraginoso e poco chiaro. In più, il Codice ha subito due ulteriori modifiche “correttive” fra il 2017 e 2019 (la legge Sblocca cantieri). Le normative secondarie si aggiungono ad esso.
Il Codice del 2016 prevede, infatti, 62 provvedimenti attuativi, tra decreti e Linee Guida dell’Anac, numerosi dei quali non ancora emanati. Con la legge Sblocca cantieri una serie di norme che, pur essendo vigenti, vengono temporaneamente sospese fino a fine 2020. Infine, si aggiunge il fatto che il Governo valuta l’ipotesi di una norma Sblocca cantieri bis.
I virtù di tutto ciò, è chiaro quanto la normativa attuale sia poco chiara e frammentaria, cosa che dilunga di molto le procedure dei lavori pubblici, sia burocratiche, che progettuali, che esecutive. Su queste basi, la proposta di Renzi e del Premier Conte andrebbe a scavalcare queste norme. Ma pur snellendo i tempi e le procedure, non ci si rende conto del fatto che si genererebbe una gerarchia di tipologie di opere. Le più importanti sovrasterebbero il Codice, quelle meno importanti resterebbero da esso vincolate, creando una forte disparità.
Questa situazione è stata ben spiegata di recente da Carlo Stagnaro, direttore dell’Osservatorio sull’economia digitale dell’Istituto Bruno Leoni: “così facendo esisterebbero opere (e imprese) di serie A, a cui non si applica alcuna regola o controllo, e opere (e imprese) di serie B che restano condannate ai gironi infernali”.
Un altro aspetto cruciale riguarda l’elezione di figure uniche che si occuperebbero della supervisione dei lavori in ogni loro fase, al fine di velocizzarle. Ancora una volta è illuminante il parere di Carlo Stagnaro. Egli definisce “immensa lacerazione nel diritto” quella operata dal Decreto Genova, che “ha assegnato alla gestione commissariale poteri senza precedenti, mettendola nella condizione di operare in deroga non solo al codice degli appalti, ma addirittura a tutte le norme extrapenali. Il Commissario ha avuto da subito a disposizione le risorse di cui aveva bisogno (che sono state versate da Autostrade), ha affidato direttamente i lavori, ha ottenuto le autorizzazioni rapidamente e senza troppe storie”.
Quindi l’idea del Governo sarebbe quella di riproporre questo enorme distacco dal diritto per tutte le opere reputate di interesse strategico. Il problema di questa proposta sta nel fatto che non considera lo sfogo verso la corruzione. Va, infatti, considerata la matrice corruttiva che ha investito il nostro Paese negli anni e quanto questo sistema potrebbe dar adito ad altri episodi di questo genere. Si andrebbero ad alimentare proprio quegli episodi che il Codice degli Appalti e organismi come l’ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione) andrebbero ad arginare.
In conclusione, seppur la proposta del leader di Italia Viva possa, in un primo tempo, sembrar risolutiva, essa si dimostra fortemente controproducente. Si dimostra come sia facilmente aggirabile e poco sicura. Vanno quindi assolutamente vagliate nuove ipotesi in campo edilizio per le opere pubbliche, per finanziare e snellire le procedure dei lavori una volta passata l’emergenza.