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Stampa 3D, il prossimo passo sono le basi lunari

Negli ultimi anni, la la stampa 3D ha rivoluzionato il mondo della produzione seriale e di quella di precisione in vari ambiti, da quello industriale a quello domestico passando per quello medico. Forse non tutti sanno che questa tecnologia non sia troppo recente, in quanto nata ufficialmente nel 1986 grazie al brevetto registrato dall’inventore americano Chuck Hull. L’idea nasce quasi per caso, come alcune grandi scoperte ed invenzioni (una fra tutte, quella del grafene). Hull infatti, tre anni prima, utilizzando raggi UV per indurire vernici per processi di laccatura, ebbe l’idea di creare oggetti solidi da successivi strati induriti di polimero liquido fotosensibile colpito da luce ultravioletta. E’ la nascita della stereolitografia, tecnica che permette appunto di realizzare singoli oggetti tridimensionali a partire direttamente da dati digitali CAD/CAM mediante il processo precedentemente riportato.

Questa tecnologia è rimasta molto limitata negli ambiti fino al 2009, anno in cui scade il brevetto della tecnologia di base FDM. Da quell’anno si può dire che la stampa 3D sia diventata “popolare” e sia entrata nel quotidiano di moltissime applicazioni. Alcune appaiono più “tradizionali”, come ad esempio la possibilità di realizzare protesi ortopediche o di ottenere materiali morbidi impiantabili all’interno del corpo umano. Altre sono decisamente impensabili, si pensi alla produzione di cibo o alla creazione di tessuti direttamente all’interno del corpo umano!

Sembrerebbe appartenere a quest’ultimo insieme di impieghi della stampa 3D l’ultima possibilità, esplorata in concreto giusto qualche giorno fa. Stiamo parlando della “costruzione” delle basi lunari direttamente sulla superficie del satellite terrestre sfruttando questa tecnologia. Ebbene, scopriamone di più!

Stampa 3D. Credits: Pixabay

La stampa 3D delle basi lunari un’idea ESA

L’idea di sfruttare la stampa 3D per realizzare strutture sulla Luna, a dir la verità, non è nuova. Circa un decennio fa, infatti, la European Space Agency (nota come ESA) propose quest’idea dopo il boom del processo di stampa tridimensionale su vasta scala di qualche anno prima. I partner industriali, tra cui i famosi architetti Foster + Partners (progettisti, fra le altre opere, del Lusail Stadium, lo stadio più importante dei Mondiali 2022 che si stanno svolgendo in Qatar), si sono uniti all’ESA per testare la fattibilità dell’idea utilizzando il suolo lunare.

Foster ideò un design a cupola “catenaria” portante con parete strutturata cellulare per proteggere da micrometeoroidi e radiazioni spaziali, incorporando un gonfiabile pressurizzato, gli astronauti. Una struttura cava a celle chiuse, che ricordasse le ossa degli uccelli, con una buona combinazione di forza e peso. Oltre ai famosi architetti, furono tanti gli attori chiamati a partecipare a questo studio. La britannica Monolite ha fornito la stampante D-Shape, con una serie di ugelli per la stampa mobile per spruzzare una soluzione legante su un materiale da costruzione simile alla sabbia. La società italiana di ricerca spaziale Alta S.p.A. ha adattato le tecniche di stampa 3D a una missione lunare e garantire il controllo della qualità del processo. È stato valutato anche l’effetto del lavoro nel vuoto.

La sfida più grande fu quella di simulare il comportamento del materiale costituente lo strato più esterno della superficie del satellite, ossia la regolite. I test (eseguiti sfruttando la roccia basaltica di un vulcano dell’Italia centrale, avente una somiglianza del 99,8% col suolo lunare) ebbero già allora esito positivo. Ciò dimostrò che il processo di stampa potesse funzionare nelle condizioni lunari.

Design di Foster del blocco prova . Credits: ESA

La NASA e la stampa delle basi lunari con la regolite

Qualche anno dopo, è la NASA (National Aeronautics and Space Administration) ad avviare formalmente l’iter di realizzazione delle basi lunari mediante stampa 3D. E’ notizia di qualche giorno fa, infatti, che l’agenzia governativa americana abbia assegnato un contratto da 57,2 milioni di dollari a ICON, startup texana di stampa 3D, per costruire “sistemi di costruzione basati sullo spazio” sulla superficie lunare. Ma perché questa decisione? Ecco la spiegazione. I futuri astronauti un giorno vivranno e lavoreranno sulla Luna e la NASA sta progettando di costruire infrastrutture che possano consentire agli equipaggi di sopravvivere e mantenersi sostenibilmente. Per far ciò, dovranno costruire i propri strumenti utilizzando le risorse lunari, in modo da poter coltivare il proprio cibo, comunicare con la Terra ed esplorare più a fondo il Sistema Solare.

ICON è stata incaricata di costruire una macchina di stampa 3D di strutture come piattaforme di atterraggio, scudi anti-esplosione e strade sul satellite terrestre. Il contratto di sei anni sosterrà gli sforzi di ricerca e sviluppo sul come mettere in atto il progetto Olympus impiegando i materiali in situ lunari. Jason Ballard, co-fondatore e CEO di ICON, ha affermato che serviranno sistemi robusti, resilienti e ampiamente capaci che possano utilizzare le risorse locali della Luna e di altri corpi planetari per cambiare il paradigma dell’esplorazione spaziale da ‘andata e ritorno’ a ‘lì per restare’.

Progetto Olympus. Credits: ICON

ICON ha già costruito Vulcan, una stampante 3D di dimensioni domestiche in grado di realizzare componenti domestiche negli USA e in Messico. Olympus, tuttavia, sarà un sistema molto più impegnativo da costruire, dovendo impiegare un nuovo materiale di stampa 3D malleabile e resistente fatto di regolite lunare. Considerando oltretutto la gravità lunare.

Insomma, la corsa alla Luna 2.0 è appena iniziata!

Published by
Shadi Abu Islaih