La baia di Sydney, laddove sorge Port Jackson (nome del porto della città, attribuitogli dallo storico capitano James Cook) è uno dei luoghi più iconici al mondo. Tanto di giorno quanto di notte, infatti, la vista di cui si gode mozza il fiato, fra tramonti romantici (ed instagrammabilissimi), gite in barca ed incredibili giochi di luci notturni. Una vista spettacolare, che può essere goduta appieno salendo in cima al grattacielo One Barangaroo, che nel 2021 ha vinto il prestigioso premio dello Skyscraper Award. A rubare la scena sono soprattutto due attrazioni, che caratterizzano in maniera univoca ed inconfondibile il luogo: il teatro dell’opera, l’Opera House, ed il Sydney Harbour Bridge.
Dal 1932, anno dell’inaugurazione del ponte, fino al 1973, anno che coincide col termine dei lavori del teatro dell’opera, era solamente il primo a caratterizzare il luogo. Un’opera imponente, una delle più grandi di questo tipo a quei tempi, in un periodo storico in cui i grandi ponti in acciaio iniziavano in ogni parte del mondo. Un’opera che potrebbe definirsi unica con pochi dubbi. Eppure non è così, perché non molti lo sanno ma ne esiste una versione più piccola (una sorta di “fratellino”, potremmo definirla) nello Zimbabwe. Stiamo parlando del Birchenough Bridge.
La mano è dello stesso progettista, l’ingegnere strutturista inglese Ralph Freeman, poco noto ai più ma senza dubbio definibile come uno dehli ingegneri più influenti ed importanti del periodo nel campo dei grandi ponti.
Vissuto a cavallo fra ‘800 e ‘900, Ralph Freeman (1880-1950) è un ingegnere civile strutturista inglese, come detto, autore dei progetti di alcuni fra i ponti più belli al mondo in quel periodo. Nato a Londra, si iscrive alla City and Guilds del London Institute, dove si laurea in ingegneria civile. A soli 21 anni, nel 1901, entra nel mondo del lavoro nella prestigiosa società d’ingegneria inglese Douglas Fox & Partners (fondata nel 1857), specializzata nella progettazione di ponti d’acciaio. All’interno della società Freeman lascia subito il segno, diventandone partner senior e arrivando, nel 1938, a cambiarne il nome in Freeman Fox & Partners (ora confluita in Hyder Consulting).
Sotto la sua ala cresceranno altri notevolissimi ingegneri strutturisti, uno su tutti William Brown (indiscusso maestro dei ponti sospesi, padre dell’attuale conformazione degli impalcati aerodinamici per lunghissime luci, come il Ponte sullo Stretto di Messina). Le opere di una certa rilevanza legate al nome di Freeman sono tante, una più iconica dell’altra. La più famosa è il già citato Sydney Harbour Bridge, ponte di lunghezza complessiva di oltre 1000 metri con luce principale di oltre 500 metri ad arco a via inferiore in acciaio.
Quella Freeman sarà una famiglia di famosi ingegneri strutturisti. Il figlio, anch’egli Ralph, lavorerà nella Freeman Fox & Partners divenendone partner senior, oltre ad essere presidente dell’ICE (Institution of Civil Engineers). Anch’egli rinomato pontista, è l’ingegnere capo progettista dell’Humber Bridge, ponte sospeso di 1410 metri di luce che nel 1981 (anno d’inaugurazione) era il ponte più grande del mondo di questo tipo.
E’ non è finita qui, perché anche il nipote, Ralph Anthony, è un ingegnere civile strutturista! Sua è la firma del ponte strallato Rama IX Bridge a Bangkok.
Il Birchenough Bridge si trova nella città di Chipinge, in provincia del Manicaland (a Sud-Est del paese), a poca distanza dalla frontiera col Mozambico. Proprio oggi quest’opera compie ben 87 anni di esercizio, risultando quindi di tre anni posteriore al più famoso ponte di Sydney. L’opera viene progettata da Freeman in veste d’ingegnere consulente per Beit Trust, organizzazione fondata dal filantropo inglese Alfred Beit nel 1906 per promuovere lo sviluppo dei paesi africani Malawi, Zambia e Zimbabwe. Lo stesso duo Freeman-Beit Trust è protagonista di progetto e realizzazione del Sir Otto Beit Bridge nello Zambia di fine anni ’30, primo ponte sospeso moderno fuori dagli USA costruito con cavi paralleli.
Il ponte è realizzato a campata unica per evitare di dover realizzare pile nel letto del fiume, caratterizzato da sabbie piuttosto melmose. Il peso totale dell’acciaio ad alta resistenza è di 1.500 tonnellate, e con una luce di 329 m era il terzo ponte ad arco a via inferiore più lungo del mondo all’epoca. La carreggiata, larga 5,50 metri, consente il passaggio di due corsie veicolari (una per senso di marcia), con marciapiedi pedonali laterali. Il ponte fu eretto con lo stesso processo utilizzato per l’arco di Sydney, costruendolo in due metà come sbalzi, ancorato alle rive rocciose da funi metalliche e poi ruotato in posizione finale.
L’intera costruzione ha richiesto meno di due anni di lavoro. A partire dagli anni ‘80 il ponte è stato allargato e rafforzato come parte del World Bank’s Highway Project One, ma nel 2000 la capacità di carico è stata ridotta e solo i veicoli di peso inferiore a 25 tonnellate possono attraversarlo. Attualmente l’opera è in condizioni piuttosto precarie, e rischia entro poco tempo di rimanerne solo il riflesso nel “fratello maggiore” di Sydney…