Nella tarda serata di ieri il premier Giuseppe Conte ha illustrato il nuovo DPCM che entra in vigore da oggi. L’ulteriore decreto si è reso necessario data la grande crescita dei contagi in Italia, che certifica l’inizio della seconda ondata da Covid-19. Si sono rese necessarie quindi ulteriori strette soprattutto per la vita sociale del paese. Ma un punto importante in questo periodo riguarda l’università e il lavoro, aspetti sui quali è stato fondamentale il dialogo tra Governo e Regioni.
A neanche un mese dall’inizio delle attività scolastiche e universitarie in presenza, il sistema pensato nei mesi estivi sembra per il momento reggere all’interno delle mura scolastiche. Ma comunque quello della scuola e dell’università rappresenta uno dei nodi più discussi del nuovo DPCM. Come visto in queste settimane, infatti, il problema principale è rappresentato dai trasporti, non adatti ad evitare l’assembramento di centinaia di studenti. Un problema già paventato dal presidente dell’Anci Antonio Decaro alcuni giorni fa: “Le aziende di trasporto non ce la fanno e l‘unica possibilità è differenziare gli orari di ingresso e uscita.“
Per l’università però si continua con mascherine, distanziamento sociale in aula e erogazione della didattica in modalità mista al 50%. Un metodo che si è dimostrato efficiente, perché sono pochi i casi accertati di focolai nelle università. “Le università sono luoghi sicuri”, ha ribadito il Ministro dell’Università Gaetano Manfredi. “Tutto è stato programmato con protocolli specifici e massima attenzione. L’unica azione ulteriore è quella di rafforzare la collaborazione tra istituzioni nazionali ed enti locali per andare incontro alle necessità di studio degli studenti.”
Secondo il nuovo DPCM, le università hanno una certa autonomia. I rettori, assieme al Comitato Universitario Regionale, possono predisporre un piano di organizzazione della didattica e degli esami in base all’andamento del quadro epidemiologico locale. Il tutto sempre nel rispetto delle linee guida del Ministero dell’università e della ricerca. Nessuna distinzione, inizialmente paventata, tra matricole o non. Si continua con la modalità mista in presenza lì dove prevista. Sarà compito delle singole università decidere come svolgere lezioni ed esami. E’ quindi sempre bene attenersi ai messaggi ufficiali del rettore della propria università.
Anche per il nodo lavoro la maggiore preoccupazione è ancora rappresentata dall’affollamento dei mezzi di trasporto negli orari di punta. In una nota il Cts nei giorni scorsi si è espresso in merito: “Un’importante criticità è rappresentata dal trasporto pubblico locale che non sembra essersi adeguato alle rinnovate esigenze. Nonostante il Cts abbia evidenziato fin dallo scorso mese di aprile la necessità di riorganizzazione, incentivando una diversa mobilità con il coinvolgimento attivo delle istituzioni locali e dei mobility manager.”
Nei giorni scorsi sembrava ufficiale l’incremento dello smart working, innalzandolo dal 50 al 70-75%, nella Pubblica amministrazione. Ma questo provvedimento non è stato inserito nel nuovo DPCM. Durante la conferenza stampa però Conte ha promesso:
Incrementeremo con un provvedimento della ministra Dadone lo smart working.
Nel testo finale non è specificata la percentuale di lavoratori che devono stare in smart working. Bisogna rifarsi quindi al vecchio DPCM del 13 ottobre per trovare indicazioni in merito. I suggerimenti, da estendere anche al settore privato, sono i seguenti:
Come visto, quello dei trasporti è stato il punto su cui Governo e Regioni si sono scontrati maggiormente. Alla fine però il nuovo DPCM non nulla cambia rispetto al precedente. La capienza dei bus e dei treni locali resta fissata all’80% dei posti. L’erogazione del servizio pubblico è a carico del Presidente di Regione. Esso deve essere modulato in modo tale da evitare il sovraffollamento dei mezzi di trasporto nelle fasce orarie della giornata in cui si registra la maggiore presenza di utenti.